6 ottobre 2010

Libertà di provetta

Ho letto su vari blog, come quello di Cesco o quello di 31 canzoni dei post sul nobel per la medicina a Ewards per le sue scoperte sulla fecondazione in vitro e le reazioni arrivate dal vaticano sull’assegnazione e vorrei fare anch’io alcune tardive considerazioni.

Intanto mi chiedo perchè dare un nobel oggi per una scoperta fatta all’incirca 40 anni fa; mi verrebbe da rispondere perchè all’epoca eravamo più laici e lo erano, soprattutto, le autorità vaticane, quindi potrebbe essere che i comunisti mangiapreti della Karolinska abbiano voluto mandare un monito al papa dopo che, in Inghilterra, aveva dichiarato: “Il mondo ha bisogno di buoni scienziati, ma una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita”.

E’ come se, scrive Riccardo Giaberce, si volesse dire: Ah sì? Tu criminalizzi la scienza? E allora, tiè! Per tutta risposta noi incoroniamo il più diabolico, il più blasfemo degli scienziati, quello che ha osato manomettere il sacro congegno della vita nascente.

Lasciando perdere gli anatemi scagliati sul nobel ad Edwards, lanciati da una chiesa cattolica sempre più chiusa ed ottusa e che ha, di fatto, scritto quell’ignobile orrore che prende il nome di legge 40 sulla procreazione assistita, vorrei porre l’accento e l’attenzione sulla assoluta ed indiscriminata libertà che da quella scoperta degli anni ’70 si è diffusa.

Non credo che sia il caso di imporre per legge divieti, lacci e lacciuoli che servirebbero soltanto ad alimentare il turismo procreativo ma una sorta di moratoria e di codice deontologico andrebbe creato.

Perchè io, pur essendo d’accordo sulla fecondazione assistita, sulla donazione di sperma e di ovociti, sulla diagnosi pre-impianto ritengo che non sia eticamente corretto permettere un far west riproduttivo fatto di uteri in affitto, di madri oltre la soglia della vecchiaia, di scambio di gameti, di deliri di onnipotenza, di acquisto di gravidanze per interposta persona, di sfide alle leggi della biologia e del fisico delle donne.

Credo che, laicamente, sia il caso di interrogarsi su questi temi senza anatemi, senza condanne morali ma con scienza e coscienza.

12 settembre 2010

Gita fuori porta

Che mister B. desse il meglio si sè nelle missioni internazionali, era cosa nota.

Appena varca la cinta daziaria, forse perchè sprovvisto di Gianni Letta e delle altre badanti che hanno il compito di sedarlo nelle circostanze ad alto rischio, esce al naturale.

Ma l’idea di andare a Mosca per rammentare davanti agli ex comunisti sovietici Putin e Medvedev i finanziamenti occulti dei comunisti sovietici al PCI, ecco, quella non gli era ancora venuta.

Quando poi il nostro ha attaccato la geremiade contro Fini e le toghe rosse, le delegazioni giunte da tutto il mondo han preso a picchiare sugli auricolari della traduzione simultanea, pensando ad un’interferenza in cuffia.

Invece era proprio lui che, tanto per cambiare, badava ai cazzi suoi.

Così la sua collezione di trionfi mondiali s’è arricchita di un altro capitolo memorabile.

Anche perchè negli altri paesi il ricambio della classe politica è così rapido che, a ogni vertice internazionale, c’è sempre qualcuno appena arrivato che non conosce ancora Mr B.

Dunque, si meraviglia.

Ma lui, va detto, è sempre lui.

Il fine diplomatico che salutò l’elezione di Obama dandogli dell’abbronzato e definì clown il presidente Chirac.

L’elegantone che, al G8 di Caceres, si levò le scarpe davanti a tutti e fece le corna alle spalle di un ministro francese.

Il gentiluomo che, inaugurando nel 2003 la presidenza italiana della UE, apostrofò il socialista Shulz: “Girano un film sui lager nazisti, la proporrò per il ruolo di kapò”.

Il poliglotta che salutò i ministri delle finanze a Bruxelles a nome di Ciampi in perfetto inglese: “I give you the salutation of my president oh the Republic”.

Il cosmopolita che, atterrato in Estonia, elogiò le bellezze dell’”Estuania”.

Il vero signore che, ricevendo a Roma il premier danese Rasmussen, si complimentò: “Lei è molto più bello di Cacciari, la presenterò a mia moglie, eh eh…”.

Il latrin lover che si fece conoscere anche in Finlandia: “Per portare a Parma anzichè a Helsinki l’agenzia europea dell’alimentazione ho dovuto rispolverare le mie doti di play boy e fare la corte alla presidente Tarija Halonen”.

La poveretta fu crocifissa dall’opposizione, scandalizzata all’idea che la presidente avesse ceduto un’istituzione all’Italia dopo una storia d’amore con un tipo del genere.

Lei tentò di spiegare il livello di attendibilità del nostro premier agli ignari connazionali.

Lui intanto rimediava alla gaffe peggiorandola: prima ironizzava sulle specialità gastronomiche finlandesi (“mangiano prosciutto di renna affumicata”), provocando l’embargo delle importazioni alimentari italiane in Finlandia; poi mostrava una gigantografia della Halonen a una convention forzista: “Ma davvero pensate che io abbia fatto la corte a una con quella faccia?”.

Poi sistemò anche la Turchia: invitato alle nozze del figlio del presidente Erdogan, tentò di dare una toccatina alla sposa tutta fasciata di veli e, per il rito islamico, assolutamente inavvicinabile.

Subito dopo, in piena tempesta ormonale, fece arrossire il premier tedesco Schroder: “Parliamo di donne: tu te ne intendi, ne hai cambiate tante, eh eh”.

Resta però ineguagliata la performance del Cavaliere di Hardcore allo stabilimento Merloni in Russia, dove nel 2004 tentò di trascinare l’amico Putin in un concorso di bellezza improvvisato fra le operaie della fabbrica, dandogli di gomito: “Voglio baciare la lavoratrice più bella”.

Il cronista del Kommerstan riferì allibito: “Il premier italiano aveva già individuato la sua vittima. Si è avvicinato ad una donna grande come la Sardegna e con tutto il corpo ha fatto il gesto tipico dei teppisti che importunano ragazze negli androni bui. Lei s’è scansata, ma il signor Berlusconi in passato deve aver fatto esperienza con donne anche più rapide: con due salti ha raggiunto la ragazza e ha iniziato spudoratamente a baciarla in faccia. Poi l’ha scossa ridendo, quasi volesse buttarla a terra. L’unica cosa che la donna ha potuto fare è stato rifiutarsi di ricambiare i baci. Putin assisteva alla scena immobile e gelido”.

Poi gli regalò un lettone matrimoniale, formato extralarge.

(Marco Travaglio – da “Il fatto quotidiano”).

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Tutti siamo a conoscenza, più o meno, delle travagliate esperienze estere del nostro presidente del consiglio; ci ricordiamo proprio tutti la performance di Berlu a Strasburgo mentre Fini si metteva le mani nei capelli, disperato e perplesso (e già allora, caro Gianfranco, avresti dovuto ben capire con chi avevi a che fare), ma vederle così, in fila, una dietro all’altra, fanno davvero ancora più impressione e tanta, ma tanta, più rabbia.

11 settembre 2010

Cari americani ci avete tradito

Cari Americani, ve lo voglio dire proprio oggi, 11 settembre, nella giornata di commemorazione mondiale dei vostri morti, quei morti che solo quando sono vostri hanno diritto al cordoglio universale, ci avete tradito.

Avete tradito le speranze di noi europei, che ormai vecchi e stanchi di governare il mondo, vi abbiamo ceduto il trono pensando che voi, giovani, belli, sani e forti avreste fatto meglio di noi.

Che voi, che non avevate le scarpe incrostate dalla polvere della storia, non avreste avuto i nostri odi, le nostre ferocie; avreste lasciato impronte nuove sui nostri pensieri e sui nostri dubbi, avreste governato il mondo con saggezza, con la spensierata umanità della gioventù, con il piacere di stare con gli altri, con la confusione delle razze, voi che di tutte le razze siete composti.

Ci siamo sbagliati.

Abbiamo scoperto che siete peggio di noi, che la sete di potere vi ha reso ancora più feroci di noi, ancora più prepotenti, ancora più despoti di quanto lo siamo stati noi, in tutta la nostra storia.

Almeno noi non abbiamo avuto ipocrisie, non abbiamo invaso, distrutto, ammazzato nel nome della democrazia; noi abbiamo invaso, distrutto, rubato, stuprato e ammazzato nel nome del potere, del governo, della vendetta.

Ci siamo sbagliati, vi abbiamo lasciato il mondo perchè lo rendeste migliori e voi lo avete trattato come un giocattolo da rompere e di cui non sapete più rimontare i pezzi.

Allora è venuto il momento di riprenderci ciò che via abbiamo lasciato, di provare a rimettere insieme i pezzi di ciò che avete distrutto.

Lasciate che vi spieghiamo una cosa, noi che siamo così ricchi così poveri, noi che abbiamo attraversato la storia.

E’ bellissimo anche essere stanchi e tristi, quando si sa piangere insieme a tutti gli altri, non soltanto a quelli che ci sono simili, non soltanto a quelli che consideriamo noi.

Illumineremo le lacrime di tutti, le esibiremo come una corona di cui non avere vergogna perchè solo gli uomini e gli eroi sanno piangere.

La grande ravanata

silvanascricci

Fateci caso, esiste un nuovo contagio da cui, forse, vale la pena correre ai ripari.

Un po’ dappertutto, per strada, in moto, ai tavolini di un bar o di un ristorante è nata, da qualche tempo, una nuova categoria di persone che non stanno evidentemente bene e vengono prese da raptus tremendi.

Basta osservare.

Possono essere chiunque, babbi, nonne, signore, zii.

La malattia già identificata dagli esperti, si chiama: Grande Ravanata.

Funziona così: stai parlando con qualcuno, oppure stai guardando uno che cammina o è seduto accanto a te su una sedia, o è al semaforo su un motorino e vedi che, improvvisamente, costui ha uno scatto, un fremito e comincia a toccarsi.

Addosso, nella camicia, nel petto, nei pantaloni, davanti, dietro.

Lo fa in maniera convulsa, frenetica.

Si tasta il sedere, da una parte, dall’altra; il suo sguardo è sbarrato, il suo panico è evidente, le sue mani si muovono in maniera inconsulta, come in una crisi spastica, infilandosi nelle tasche delle camicie e dei pantaloni.

Intano, in lontananza, se tendi l’orecchio, avverti un motivetto, quasi sempre schiocchissimo, a volte il cocodè di una gallina, altre i topini di Cenerentola, a volte anche solo un brusio, un ronzio intermittente come una scarica elettrica soffocata.

La crisi può durare dai venti ai trenta secondi, ma si racconta di gente alla quale è durata di più ed è stata usata, alla fine, una camicia di forza.

Le mani, che toccano il corpo in quel modo convulso, vanno poi, nella seconda fase della crisi, a frugare dentro borse, indumenti appesi a una sedia, borselli.

E’ un movimento malato, ossessivo, come quello di un ladro che deve fare in fretta per trovare la refurtiva.

Non c’è distinzione tra uomini e donne.

Per la verità le donne si toccano meno freneticamente, il loro è quasi sempre un “ravanare” nella borsa (di qui il nome: grande ravanata) dalla quale proviene un tintinnio di chiavi, di carte; a volte fuoriescono pennelli, batufoli e matrioske di trousse.

Di solito la persona che sta accanto a chi ha la crisi si impressiona a vedere quegli scatti e chiede: “cosa c’è?”; la vittima di solito non risponde, ma prosegue come in trance agonistica il proprio tastarsi e frugare.

Poi alla fine estrae, da qualche parte, il marchingegno fatidico, nella fattispecie un cellulare, preme un tasto in maniera scomposta, avvicina il telefono all’orecchio e quasi sempre un attimo dopo sbotta con esclamazioni classiche tipo: “eh se, buonanotte!”; oppure: “ma vaffanc…”.

Oppure, in lingua indigena: “mo va a fèr dal pugnàtt”. Sentita anche, a commento del fatto che dall’altra parte del telefono non ci fosse pià nessuno, l’esclamazione: “tò surèla”; cioè “tua sorella”, che è un’interiezioni usata già in passato e lanciata a livello internazionale da Materazzi nella finale mondiale 2006.

Un altro sintomo importante di quella crisi spastica è il commento-borbottio vocale che la persona in preda alla crisi spesso pronuncia.

E’ una serie di insulti a terzi, ingiurie pesantissime, nomi, offese: “cat vegna un azidant a te, to mèdar, to pèdar, to nòn…”, eccetera.

Il male è, praticamente, incurabile e ha alcuni risvolti ancora più tristi e tragici tipo quelle persone che, nonostante la soneria si sia messa in azione da cinque minuti, rimangono immobili, attoniti, basiti.

Il motivo è semplice: i figli gliel’avevano precedentemente chiambata e non la riconoscono.

Quindi la ignorano e il loro sguardo è catatonico.

C’è allora il pietoso amico o parente seduto accanto che dice: “oh, guarda che ti sta suonando il telefono!” e lì, allora, c’è lo scatto inconsulto, gli occhi si sbarrano nel terrore, i nervi si mettono in moto e parte, implacabile, la Grande Ravanata.

Gli esperti dicono che dalla grande ravanata non si guarisce; e che può solo peggiorare.

Si parla di calmanti speciali che sarebbero allo studio, ma ancora niente di concreto.

Bzzzzzzzzzzzz. Scusate un attimo…

9 settembre 2010

C'era una volta... e adesso non c'è più

silvanascricci

Una volta sì che sapevano come allevare i bambini.

Non se la stavano a tirare con l’ottimismo, con la positività, con il lieto fine a tutti i costi; così i pargoli già da piccoli sapevano che la vita ha alti e bassi, che i bassi sono, mediamente, più degli alti e che, per quanto ti impicchi, non sempre le cose vanno a finire bene.

Lo insegnavano nel più classico dei modi, esattamente come oggi noi diciamo ai nostri la bella favola che se ti impegni, se sei bravo la meritocrazia ti premierà SEMPRE, cioè con le fiabe.

Oggi, tempo di revisionismo su qualsiasi cosa, abbiamo rivisto anche il finale delle fiabe togliendo ciò che di più autentico vi fosse ossia lche le fiabe presentano materiali e situazioni della psiche inconscia collettiva, senza escludere anche gli aspetti dolorosi e conturbanti della vita semplificando tutto in una divisione banale e irreale del mondo in buoni e cattivi

Ed è proprio su questa loro completezza e autenticità che si basa il loro carattere educativo.

Qui di seguito l’esempio della trasformazione subita da alcune delle fiabe più famose:

IL PIFFERAIO MAGICO – Il pifferaio magico entra in una città è riesce a liberarla da tutti i topi con l’aiuto della sua musica. Quando però gli abitanti si rifiutano di pagarlo, minaccia di fare sparire tutti i bambini. In un primo momento mette in atto il suo piano e raduna i ragazzini in una grotta. Ma quando i cittadini accettano di pagarlo, il pifferaio magico libera i bambini. Nella versione originale al contrario il pifferaio per vendetta annega tutti i bambini.

CAPPUCCETTO ROSSO – Sappiamo tutti che Cappuccetto rosso è liberato da un tagliaboschi che da solo riesce a uccidere il lupo. Ma nella fiaba originale Cappuccetto rosso è mangiato dal lupo a cui nessuno apre la pancia.

LA SIRENETTA – Nel cartone animato Ariel si trasforma in una persona umana e rinuncia alla sua coda per sposare Eric e il loro matrimonio è letteralmente da favola. Ma in realtà nella versione originale Ariel cade in depressione dopo che il Principe si sposa con una bella principessa. Qualcuno le dà un pugnale con cui Ariel intende uccidere il Principe, ma siccome non ha la forza per farlo, disperata si butta in acqua. Si trasforma così in schiuma e muore.

BIANCANEVE – Nella versione moderna la Regina chiede il cuore di Biancaneve, che il cacciatore dovrà consegnarle dopo averla uccisa. Molto più cruenta la fiaba originale in cui la Regina chiede i suoi polmoni e il suo fegato, con il scopo di mangiarseli per cena.

LA BELLA E LA BESTIA – La Bella cade addormentata per cento anni in seguito a una maledizione scagliata su di lei e il principe la risveglia baciandola. Ma nella versione originale la giovane dama è violentata dal re, dà alla luce due bambini e cade in coma per non risvegliarsi più.

HANSEL E GRETEL – Invece di una strega la versione originale rappresenta un diavolo che vuole mangiare i due bambini, dopo averli fatti morire dissanguati.

CENERENTOLA – Nella fiaba più antica, le due sorellastre vogliono ingannare il principe e quindi si tagliano una parte dei piedi. Il principe le scopre e ordina che alcuni piccioni cavino loro gli occhi con il becco.

La caduta degli dei

silvanascricci

Marina, selvaggia bellezza a cavallo di una tecnologica moto d’acqua, ricorda Galatea, la più bella delle Nereidi.

Pier Silvio, un semidio invidiato dagli umani e temuto dagli dei, come Achille, eroe greco.

Poveri eroi, poveri miti che brutta fine, essere così tanto caduti nella polvere da essere assimilati a mortali, seppur non tanto comuni.

Che siano Marina e PierSilvio parenti non v’è dubbio, sarà per questo che “Chi” utilizza proprio queste due figure per sanitificare l’ascesa al cielo, potendo considerare, alla larga, anche Galatea ed Achille parenti essendo, quest’ultimo, figlio della nereide Teti.

Quello, altrettanto certo, è che “Chi” non teme il ridicolo e non teme, neppure, ardire nei confronti.

A me, sinceramente, viene proprio da ridere, e non piangere attenzione, ma proprio da ridere perchè quando si eleva troppo il paragone e quando si è così spudoratamente leccanti si cade nella farsa e nel ridicolo.

Neppure Mussolini, che era Mussolini, ha mai avuto cortigiani così tanto stupidi e, alla fin fine, irriverenti nei suoi confronti.

Sto anche aspettando la terza puntata per sapere a quale figura eroica, storica o mitologica verrà paragonato Silvio in persona, io qualche ideuzza l’avrei ma potete, anche voi, suggerirmi accattivanti e suggestive figure.

Unica cosa chiedo: che mai e poi mai Silvio o qualcuno del suo parentato venga paragonato ad Alessandro Magno, mio amore storico, perchè allora qui m’incazzo di brutto, sul serio e faccio la rivoluzione.

7 settembre 2010

Il senso di Vespa per le tette

silvanascricci

Visualizzate la scena, please.

Velluti rossi della Fenice di Venezia, signore in abito lungo e signori in elegante smoking, l’architettura magica di Venezia che vi attende.

Sul palco si erge una presentatrice, che so la Clerici ad esempio, che invita lo scrittore, bravo e belloccio, a ritirare il premio per la sua meravigliosa opera letteraria e mentre l’emozionato ragazzo sale le scale, la brava presentatrice dice: “Ecco il vincitore e prego la regia di inquadrare la strepitosa patta dei calzoni ed il suo invidiabile pacco”.

Sguardi furtivi tra i convenuti, bisbigli tra le file della platea, rumoreggiare in sala, e forse, financo qualche fischio, verso la presentatrice rea di cotanta volgarità e sfacciataggine.

Ebbene è quello che è successo l’altra sera a Venezia durante la premiazione del Campiello.

Ovviamente a parti invertite.

Vespa che nel presentare l’autrice del libro “Acciaio”, ha introdotto l’autrice, Silvia Avallone, invitando la regia ad inquadrare ed il pubblico ad ammirare lo “splendido decoltè”.

Ovvio che gli occhi di tutti sono andati sul seno dell’autrice, esattamente come sarebbero andati sulla patta del ragazzo del caso di prima.

Vespa è soltanto l’ultimo esempio, l’ultimo esemplare maschio a comportarsi così; è l’ennesima riprova che, non importa il contesto, non importa la bravura, non importa la collocazione dell’evento, le donne sono solo carne da macello, solo pezzi da esposizione, solo parcelizzazioni di essere da fruire e godere.

Ah, naturalmente siamo noi donne che non sappiamo apprezzare un complimento, una galanteria.

Ovvio.

Occasione persa

A mio parere Giorgio Napolitano ha perso un’ulteriore occasione per tacere.

Sto parlando dell’alzata di scudi fatta dal presidente della Repubblica in occasione della contestazione a Schifani alla festa dell’Unità (oddio festa dell’Unità…) di Torino.

Ma la contestazione è “violenza ed intolleranza”, è “una patologia sociale che rischia di travolgere i fondamenti della vita civile” solo quando è rivolta a persone rappresentanti del PDL?

Perchè non si è sentita parola, dal presidente della repubblica e dai tanti giornalisti che in questi giorni si sono inalberati, quando Prodi venne fischiato, nel 2006 al motorshow di Bologna (e forse erano pure fischi leggermente prezzolati), o quando Fausto Bertinotti venne sonoramente fischiato alla Sapienza di Roma, nel 2007?

Perchè i vari Pigi Battista non inveirono con le loro parole quando Calderoli diede, appunto nell’occasione del motorshow, del caca sotto a Prodi, quando Schifani, allora capogruppo del PDL al senato, chiamò sette senatori a vita “venduti” e “necrofori” e lo stesso Schifani, da quel signore che è, diede della ladra a Rita Levi Montalcini?

Anzi, si disse allora, giustamente, che i fischi esprimevano il dissenso popolare, il calo di consensi del governo, che il popolo ha il diritto di manifestare anche rumorosamente e con cartelli e striscioni la sua insoddisfazione.

Facendo un salto di qualche migliaio di chilometri andiamo a verificare ciò che è accaduto in Irlanda a Tony Blair, ex primo ministro britannico per molti anni, alla presentazione di una sua autobiografia.

Sabato, Tony, è stato accolto a Dublino a suon di “assassino” e con lanci di uova e di scarpe.

Ebbene non mi risulta, ma nel caso ditemelo, che il capo di stato del Regno Unito, sua maestà Elisabetta II, il presidente della repubblica irlandese, o il primo ministro Cameron abbiano stigmatizzato l’episodio come “intimidatoria gazzara” o che lo abbiano interpretato come “segno dell’allarmante degenerazione che caratterizza i comportamenti di gruppi, sia pur minoritari, incapaci di rispettare il principio del libero confronto”.

D’altronde neppure i giornali hanno levato strali al cielo, strappandosi i capelli per condannare, senza condizioni, senza se e senza ma, questo incivile ed indegno comportamento irlandese.

Anzi, “The Indipendent” in un articolo ha scritto che il viaggio di promozione del libro di Tony Blair ha compreso presenze in televisione, passaggi radiofonici e “of course, an entourage of protesters”.

Cioè le proteste sono viste of course; naturali, fisiologiche, senza scandali e senza dietrologie.

Ma c’è anche da dire, che nei paesi anglosassoni ed in tutti i normali paesi europei, le vicende che hanno portato alla contestazioni di Schifani sarebbero state raccontate già da tempo dai giornali, fossero essi di destra come di sinistra, magari già da tempo e Schifani, in quei paesi, non sarebbe mai diventato la seconda carica dello stato.

5 settembre 2010

Il discorso di Mirabello

La cosa più rilevante del discorso di Fini a Mirabello?

Gli occhiali al titanio di Bocchino si notano meno di quelli di Fini.

Feltri vede travi negli occhi di Fini,

ma non vede pagliuzze negli occhi di Schifani.

Più Spatuzza che pagliuzza.

4 settembre 2010

Le vacanze di Fido, una vera e propria vita da cani

silvanascricci

“L’ho trovato dimagrito, sai lui mangia solo filetto e non so mica se gliel’anno dato quelli là”.

Il soggetto del dimagrimento è un cane.

Lo capisci dopo perchè all’inizio, captando il discorso, sentivi che parlavano di un certo Aldo.

Aldo è uno dei tanti cani che sono stati parcheggiati in questo cliniche speciali, in queste case di riposo per animali per permettere ai padroni di andare in vacanza. E siccome i nostri animali domestici, cani, gatti, conigli eccetera mangiano chi solo filetto, chi solo ostriche dei Caraibi, chi solo polpettine di manzo di una precisa regione dell’Argentina e via di questo passo, ecco il trauma è affidarli a qualcuno e, successivamente, andarli a prendere al ritorno dalle vacanze.

Anche perchè quelli che tengonoin custodia i cani ovviamente, alle richieste “il mio cane mangia solo questo, mangia solo quello” annuiscono con grande serietà ma sotto sotto fanno una fatica “cane” a trattenere un’irrefrenabile risata.

Poi di solito fanno così: gli buttano un tozzo di pane per due o tre giorni durante i quali il cane si rifiuta segnosamente di mangiare, ma al quarto giorno, alla vista del tozzo di pane fa dei salti alti due metri dalla felicità.

E quando i padroni del cane tornano e chiedono “allora tutto bene?” l’albergatore canino risponde: “tutto benissimo”.

Infatti i filetti se li è mangiati lui, gratis.

Alla fine dei conti cani, gatti, conigli e altre specie tornano quasi sempre felicemente in famiglia a fine agosto.

Diverso è il discorso sui criceti, simpatico topo che andava molto di moda negli anni 70 e che ancora comunque alberga sovente nelle camerette di ragazzini o ragazzine d’animo dolce.

Se ci fate caso il criceto di solito non passa l’estate.

E si raccontano sui criceti ogni volta storie tragiche, drammatiche e ai confini del raccapricciante.

Non cìè un criceto che sia stato mai trovato vivo e sano. Va sempre a finire malissimo.

Nel mondo dei criceti non esiste il lieto fine e, se ci fate caso, non muoiono mai di morte naturale.

I racconti sulla fine dei criceti di solito sono di questo tipo (chiameremo per comodità il criceto Agostino):

1 – Agostino è uscito dalla gabbia, è entrato in un buco che c’è in cucina, si è infilato nella grondaia, è piovuto forte e l’acqua l’ha portato al centro della terra.

2 – E’ venuta la donna delle pulizie e a un certo punto ha suonato il postino, lei ha spento l’aspirapolvere e si è allontanata, Agostino, siccome c’era la gabbia aperta, ha cominciato a correre, è saltato sull’aspirapolvere riaccendendolo ed è stato aspirato dal tubo.

3 – Agostino ha toccato un filo elettrico scoperto degli operai che stanno facendo i lavori e dicono che si è vistolo scheletro illuminato per un momento. Stecchito.

4 – La signora che viene a dargli da mangiare ha aperto la gabbia, lui è scappato, è andato in terrazza, è caduto nella terrazza di sotto dove c’è un molosso che l’ha preso in bocca e l’ha sbattuto lontano, lui è finito nel camion del rusco (rifiuti, per i non bolognesi. ndr) che passava di sotto, il camion ha avuto un incidente e si è ribaltato, Agostino è volato fuori, è finito sul piatto di un tavolo in un ristorante all’aperto, la donna che stava mangiando ha urlato di paura e Agostino è morto d’infarto.

5 – E’ sparito Agostino. L’abbiamo cercato dappertutto ma non l’abbiamo più trovato. Per la verità ieri alle cinque, però, uscendo, abbiamo notato che il portiere del palazzo squittiva.

6 – (questa è successa veramente alla mamma di un mio amico a fare la spesa). “Signora come sta Agostino?” “Eeeeeh, una tragedia signora stia buona, poverino, deve sapere che è uscito dalla scatola stamattina, è andato sul davanzale, ha fatto tutto il cornicione (intanto l’altra signora la guarda allibita), è entrato nel buco della grondaia ed è finito nelle fogne”. E la signora sempre più attonita con gli occhi stralunati: “Agostino? ma Agostino… Raggi?”.

In realtà aveva chiesto come stava Agostino Raggi, anziano parente della signora, che era in ospedale.

Vincere facile

Il pontefice ha esortato a cercare Dio e non il posto fisso.

Trovare il primo è difficile, trovare il secondo è impossibile.

Al papa piace vincere facile.

3 settembre 2010

Non ancor contenti

silvanascricci

Il tubino nero è sempre di moda e non può mancare in nessun armadio femminile, così anche le pestilenze e le pandemie (variamente zoologiche) non tramontano mai e sono sempre presenti nelle menti degli scienziati, virologi, biologi catastrofisti.

Nonostante l’influenza H1N1, altrimenti detta suina o maiala, si sia rivelata una bufala mondiale che ci è costata centinai di milioni di euro in vaccini, nonostante l’OMS (con notevole ritardo e con grandiosi conflitti di interessi di alcuni suoi rappresentanti) l’abbia tolta dalle emergenze sanitarie, sono tornati alla carica.

Si sta già dicendo in giro, che quest’anno l’influenza (ben tre ceppi allo stesso prezzo di una) anticiperà i tempi arrivando tra la fine di settembre ed i primi di ottobre, anche se raggiungerà il picco di malati, rispettando la tradizione e le buone maniere, sotto Natale.

Ma c’è chi come Pregliasco, rimanendo in linea con gli allarmismi degli ultimi anni, non è affatto ottimista trovando forti analogie tra la suina del 2010 e la spagnola del 1918.

Quindi il ministero della salute sempre pronto ed attento ha anticipato la campagna vaccinazioni ad ottobre; quanto spenderemo quest’anno in vaccini farlocchi e poco sperimentati? e quanto ci costerà la cinica abitudine a notiziole di catastrofi se e quando una vera pandemia arriverà?

La questione non è messa a budget, ma si accettano scommesse.

2 settembre 2010

Botta e risposta

Riprendo dal blog di Don Barbero la lettera di una ragazza lesbica e la relativa risposta.

Lascio a voi giudicare la differenza di posizione con papa Ratzinger

Lettera

Buongiorno,
il mio nome è Luigia, ho 17 anni e sono lesbica.
Le scrivo oggi nella speranza che lei mi aiuti a ritrovare la mia fede, che ormai ho perduto da tre anni.
Quando ho confessato al mio prete di essermi innamorata di una ragazza, mi sono sentita dire che ero malata. Che dovevo curarmi. Che ero una peccatrice. È stato orribile. In pratica, mi era stato sputato in faccia che Dio mi disprezzava.
Quel giorno ho smesso di credere. Se davvero Dio mi odiava, perché io dovevo amare lui?
Sa, io la rispetto enormemente. Leggere ciò che lei scrive ed ascoltare sue interviste mi hanno fatto tornare la voglia di credere,
ma non ci riesco. Non più. Perché, se ci fosse, permetterebbe la diffusione nel mondo di tanto odio, ingiustizia, corruzione, intolleranza, violenza?
Inoltre, originariamente la religione era nata per spiegare ciò che non si capiva. Ora che la scienza ha fornito una spiegazione praticamente a tutto, come faccio a credere?

Risposta

Carissima Luigia di Roma,
a volte per incontrare Dio bisogna allontanarsi da certi preti ignoranti, rozzi, incapaci di ascoltare e rispettare.
Purtroppo questi preti sono le prime vittime di una chiesa gerarchica dove regnano il denaro, la corruzione, le regole oppressive e il pregiudizio. Il Vaticano è pieno di gay nascosti e repressi e così ipocritamente scaricano le loro frustrazioni su tutti gli omosessuali onesti che, come te, vorrebbero vivere secondo la loro natura, sana ed affettiva. Spero che tu sia riuscita a capire
che il problema non è essere lesbica; il problema è il pregiudizio di chi non capisce.
Vivi a testa alta, in pace con te stessa, con i tuoi sentimenti e le tue emozioni, la tua realtà di donna lesbica. Dio è un continente diverso dal Vaticano e Gesù ci ha parlato di un Dio accogliente.
Cara Luigia, anch’io spesso mi dico che Dio dovrebbe “fare pulizia” di certi dominatori, tiranni, violentatori, guerrafondai e razzisti. Ma noi non siamo delle marionette. Dio affida a noi la responsabilità di gestire il tempo in cui viviamo. Perchè Dio
non ha fermato la mano di chi ha crocifisso Gesù? La tua domanda non avrà mai una risposta che davvero risolva ogni dubbio. Il libro biblico di Giobbe e il libro dei Salmi si pongono lo stesso interrogativo di Gesù sulla croce: Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato? Purtroppo la maggior parte dei mali ha cause e responsabilità precise e noi le addebitiamo a Dio. Io penso che il
primo passo sia la nostra assunzione di responsabilità. Se al governo abbiamo un delinquente, non è Dio che ce lo manda, è il popolo italiano che lo ha votato.
Se a Roma c’è un papa razzista, c’è pur qualcuno che lo ha eletto.
Forse, in molti aspetti, è vero che la religione aveva anche in passato la funzione di spiegare ciò che non si capiva, ma per fortuna ora la scienza sa spiegare tante cose. Purtroppo sono ancora tantissime, numerosissime le questioni che la scienza non sa nè spiegare nè affrontare nè risolvere. Io mi occupo molto della sofferenza psichica (diffusa nel mondo come e più della fame) e ti dirò che la scienza è ancora alle prime armi. Non ha assolutamente spiegato e risolto, purtroppo.
La fede non ha lo scopo di spiegare la realtà, ma di offrire un orizzonte di senso, di far scoprire la nascosta presenza di Dio nel nostro vivere, un Dio che “gioca a farsi cercare”, ma non “dimostra” mai la Sua presenza, ma la lascia avvertire e percepire attraverso il “vento leggero” che soffia nei nostri cuori e nelle vie del mondo, attraverso la vita di Gesù e di tanti altri testimoni.
Con questa lettera ho solo aperto un discorso con te. Spero che potremo approfondirlo…
Intanto ti abbraccio forte forte.

Ma certi sindacalisti tutelano davvero i lavoratori?

silvanascricci

Anno domini 2010, tempo di vacche magre, anni di tagli di bilancio e di personale.

Succede anche a me.

In un reparto dell’azienda in cui lavoro c’è un calo delle presenze del personale che non viene rimpiazzato; ci diamo da fare tutti come matti per trovare una soluzione che garantisca il servizio con una minore presenza di personale.

Riorganizzazione che prevede una modifica dell’orario di lavoro, attenzione non un aumento delle ore di lavoro settimanale, magari pure a parità di stipendio, bensì una rimodulazione delle stesse ore nell’arco della settimana sempre, rigorosamente, dal lunedì al venerdì; sabato e domenica tutti a casa a riposare.

La modifica prevede che anzichè fare il monte orario diviso per i cinque giorni lavorativi in orario continuato lo si spezzi con due pomeriggi ed un orario continuativo più corto nelle restanti tre mattinate, varia pure l’orario di inizio lavoro che passa dalle ore 7.00 alle ore 7.45.

Visti i tempi di vacche magre, anzi magrissime, mi pare un compromesso accettabile: stesse ore di lavoro, stesso stipendio, posto di lavoro garantito, stessa sede di lavoro, stesse mansioni, stessi diritti di sicurezza sui luoghi di lavoro, stesse garanzie sulla fruizione di ferie, di permessi personali, di assenze per sostegno all’handicap, nessuna richiesta di straordinario, nessuna richiesta di prestazioni aggiuntive.

Di sei unità di personale, quattro non fanno una piega; due si ribellano e passano dal sindacato.

La scelta è corretta e, a mio avviso, pure legittima.

Giuro che pensavo, a quel punto, che il sindacalista interpellato (un sindacato piccolo, piccolo non la ex triplice) si sarebbe fatto una bella, sana e liberatoria risata, facendo presente che i diritti fondamentali, di base, necessari e assolutamente da tutelare erano stati tutti rispettati e che una variazione di orario di lavoro siffatta non avrebbe pregiudicato alcunchè.

Ed invece no, il sindacalista ha cominciato a questionare di qualità della vita andata a rotoli, di diritti calpestati, di procedure non corrette, di vessazioni, di comportamento antisindacale, minacciando di adire alle vie legali.

Io che, come chi mi conosce ben sa, ho fatto lotte su lotte, mi sono incazzata e continuo a farlo sugli atteggiamenti padronali ed indegni, su un governo che di diritti non vuole neppure sentire parlare, di un esecutivo che intende togliere tutte le tutele, compresa la sicurezza sui posti di lavoro con la motivazione che non ce le possiamo più permettere mi sono incazzata come una vipera con il sindacato.

Perchè non è proponibile inalberarsi su una questione che non prevede nulla di illegale, nulla di illecito e neppure, francamente, nulla di vessatorio nei confronti dei dipendenti; si tratta solo di rendersi disponibili ad entrare in servizio ad un orario che, almeno per me, è pure più umano, e si tratta di uscire per tre giorni alla settimana prima di quanto si facesse prima e di uscire per due giorni alla settimana alle 17.00 (ed anche qui non mi pare che la vita venga rovinata).

A questo punto mi sorge, spontanea, una domanda: ma siamo sicuri che il sindacato, o meglio certi sindacati e sindacalisti, facciano davvero il bene degli operai e dipendenti? siamo davvero sicuri che tutelino gli interessi dei lavoratori o, piuttosto, non giochino a tutelare i propri e che, per accappararsi qualche tessera in più, non cavalchino pretese francamente irricevibili?

Perchè a fronte di persone che perdono il posto di lavoro, a persone costrette a lavorare in nero o in perenne precariato, a persone che vengono licenziate per aver partecipato ad un sacrosanto sciopero, a persone che vengono private dei più elementari diritti con il ricatto del licenziamento la tolleranza verso privilegi, la tutela di rendite di posizione prendono il sapore amaro della beffa e rendono il sindacato ed i sindacalisti persone inaffidabili e, pure, parecchio antipatiche.

Già, di questi tempi, il sindacato non gode di buona stampa, di buona opinione e di grande considerazione, vediamo di non dare ulteriori motivi per arricchire questo pensiero con iniziative idiote.

Perchè poi, porcaccia la miseria, finisce che la gente dà ragione a Brunetta e Sacconi e, tutti noi, finiamo per prenderla in quel posto.

P.S: ovviamente il sindacato in questione, davanti ai tagli di organico non ha fatto un plissè, non ha promosso un istante di contestazione, non ha indetto nè scioperi nè manifestazioni.

Mi sorge un dubbio, non è che sto diventando un padrone?

1 settembre 2010

La religione ti promuove

silvanascricci

In un liceo paritario romano tale Seraphicum, i ragazzi sono stati ammessi all’esame di stato con il contributo di un bel 10 in religione.

Peccato che ciò costituisca, oltre che una palese ingiustizia verso i ragazzi che non intendono avvalersi dell’insegnamento della religone cattolica (e per i quali in moltissimi casi non ci sono materie alternative), un reato.

Reato perchè viola l’art. 309 del T.U. sulla scuola che stabisce che chi si avvale dell’insegnamento di religione abbia giudizi e non voti e che, ovviamente, i giudizi non fanno media; ben piccolo reato, direte voi, a fronte dei moltissimi che impunitamente vengono perpetrati nel nostro paese; ma a me da un terribile fastidio.

Fastidio dovuto al fatto che questi insegnanti di religione hanno uno status giuridico alquanto particolare; vengono nominati e rimossi dalle autorità ecclesiastiche ma vengono pagati dallo stato italiano anche attraverso le nostre tasse.

Inoltre a fronte di feroci tagli di organico e di fondi che sta subendo la scuola pubblica, gli insegnanti di religione sono aumentati e non di poco; d’aldronde la ministra Gelimini lo aveva detto: l’ora di religione non si tocca!; inoltre, la ministra rassicura che il budget di 534 milioni di euro per le paritarie verrà erogato; ergo: tagli brutali alla scuola pubblica, fondi garantiti alle scuole paritarie (per la stragrande maggioranza gestite dal clero).

C’era una volta, nel nostro paese, la laicità.

La logica della vagina

silvanascricci

Non sono propriamente d’accordo su tutto quanto scritto in questo post di Prestazione occasionale, ad esempio quando sostiene che la gravidanza sia una scusa per non assumere, ma certo concordo su molto di quanto ha detto e, soprattutto, lo trovo scritto in maniera molto gradevole ed ironica.

Se vi va potete vedere altre cose di questa ragazza a lavoro precario spulciando il suo blog, ma intanto godetevi questo pezzo:

“Non ho mai difeso la teoria che il mondo del lavoro sia sessista e discriminatorio verso le donne. Questo, certo, finché non ho cominciato a lavorare.

Sia chiaro: ho sempre trovato fastidiose le petulanti lamentele di certe femministe, che pretendono che le donne sul lavoro siano aggressive come gli uomini ma più tutelate e garantite, come una speciale categoria in via d’estinzione. E come una specie protetta mi sento ogni volta che si parla di quote rosa, sconti al cinema, bandi speciali per le categorie svantaggiate, l’imprenditoria femminile eccetera. Le donne secondo me hanno diritto ad essere tutelate in quanto lavoratori, non in quanto femmine deboli. Ma questa è un’altra storia.

Ben diverso è quando si dà per scontato che la donna che in qualunque modo ha a che fare con la comunicazione debba per definizione essere carina e ammiccante. Questa, che uno dei miei titolari ha scherzosamente definito ieri la Logica della Vagina, si articola grossomodo così:

- Checché ne possa dire qualunque uomo, la scollatura AIUTA. La minigonna anche. Non è necessario combinare le due cose insieme (anche le migliori rischierebbero il cosiddetto “effetto statale”), ma è necessario che almeno uno dei due elementi sia presente, possibilmente comunque abbinato ad un tacco di almeno sette centimetri. Una tetta di proporzioni gigantesche che minaccia ad ogni movimento di saltare fuori dal vestito, con tutto ciò che ne consegue in termini di richiamo edipico al seno materno, può tenere incollato al teleschermo anche l’uomo meno appassionato di calcio della terra*. Viceversa una maglia stile rete da tennis, che molto poco lascia all’immaginazione, può sortire l’effetto contrario, traumatizzando gli animi più sensibili con i suoi intenti troppo scopertamente espliciti**.

- Diretto corollario di questa prima legge è che qualunque comunicazione parta da una donna ad un uomo eterosessuale, anche in età adulta, per risultare credibile deve contenere un riferimento alla sfera sessuale. Questo è confermato ancora una volta dalla televisione (neanche in programmi come Forum ormai manca la sgallettata di turno), ed è tanto più vero per quello che riguarda le riviste (in cui al “vedo-non vedo” deve sostituirsi un chiarissimo “vedo“). Una rivista può risultare agli occhi di un uomo “formale” e “ingessata” se sceglie di mettere in copertina una ballerina, seppure bellissima, ma indubbiamente vestita, o se correda un servizio con foto di un’attrice, seppur nuda, ma celata da un vetro appannato***.

Le ripercussioni della Logica della Vagina sulla quotidiana vita lavorativa sono facilmente immaginabili. Un capo uomo può bocciare una aspirante dipendente ad un colloquio perché le sue scarpe lasciano intuire brutti piedi****, o viceversa assumerla o promuoverla se è carina, simpatica, ammiccante, quindi potenzialmente scopabile. Può diventare criterio preferenziale un determinato modo di truccarsi***** o di vestirsi, ed è addirittura possibile che l’uomo arrivi a colmare inconsciamente determinate mancanze fisiche di una dipendente carina, immaginando, ad esempio, tette grosse laddove c’è una terza scarsa******. Le altre dipendenti che dovessero trovare questi criteri quantomeno fantasiosi verrebbero inesorabilmente bollate come invidiose, acide, magari invitate a sfoggiare a loro volta le loro parti migliori, in una specie di gara alla miss ufficio più carina. Ed è così che la Logica della Vagina arriva a generare non solo il sovraffollamento di mademoselles scosciate in tv, ma anche il mito della segretaria sexy, l’unica figura professionale che può permettersi di far cadere a terra qualunque cosa, purché si chini a raccoglierla con una gonna abbastanza corta.

* ogni riferimento a fatti realmente accaduti è puramente voluto.
** ogni riferimento a fatti realmente accaduti è sempre puramente voluto.
*** … sì, anche questa è vita vissuta.
**** indovinate un po’?
***** già. ma questa ve la racconto meglio un’altra volta.
****** fenomeno assai comune. Il maschio non si arrende nemmeno all’evidenza del dato scientifico della taglia di reggiseno”.

31 agosto 2010

La donna nelle religioni

silvanascricci

Vorrei gentilmente dire alle signorine che hanno comunicato la loro conversione, dopo l’illuminazione sulla via di Damasco a seguito dell’incontro con Mu’Ammar Gheddafi, che settanta euro e anche infinitamente di più non valgono una religione che considera le donne come oggetti, come bestie, come possesso (anche se pure la religione cattolica, in merito, ha ben poco da insegnare).

Leggevo della violenta reazione che ha avuto il giornale iraniano Kayhan verso la premiere dame de France, Carla Bruni.

Ognuno di noi può avere, della Bruni, l’opinione che preferisce; può piacere o meno, può godere di maggiore o minore considerazione, ma il livello raggiunto nell’editoriale di oggi del direttore del giornale (e non è un caso che sia nominato dalla guida suprema religiosa Khamanei) è di quelli veramente scandalosi verso il quale ognuno di noi, maschio o femmina che sia, dovrebbe avere una viscerale reazione di avversione.

La colpa della Bruni è di avere chiesto la revisione del processo e la sospensione della pena di morte per Ashtiani, rea di adulterio e che ha già subito la pena di 99 (ah la meravigliosa ipocrisia del 99) frustate sulla pubblica piazza, con queste parole: “Versare il tuo sangue, privare i tuoi figli di una madre? Perché? Perché hai vissuto, perché hai amato, perché sei una donna, un iraniana? Ogni parte di me rifiuta di accettare questo”.

E la pena che il giornalista chiede per questa interperanza verbale della signora Carla è la morte, e la chiede con questa motivazione: “Prostitute francesi partecipano alle proteste sui diritti umani”, imputandole il divorzio del presidente francese Nicolas Sarkozy dalla precedente moglie.

Ma rincara la dose commentando: “Il passato di Carla Bruni mostra chiaramente la ragione per cui questa donna senza morale sostiene una donna iraniana condannata a morte per aver commesso un adulterio che ha poi portato all’omicidio del marito e, infatti, lei stessa merita di morire”.

Tutto questo io non riesco ad accettarlo, mi si rivolta lo stomaco verso uomini che pretendono di giudicare, di essere padroni, di lapidare, torturare ed ammazzare le donne per il loro corpo, le loro parole, i loro pensieri e l’uso che di questi ne fanno.

E non pensiate che l’Iran, con le sue abberazioni, sia tanto lontano da casa nostra; anche da noi la religione, la politica, la morale desidererebbero avere il controllo delle nostre azioni, se, non ancora, dei nostri pensieri.

Come scrissi qualche tempo fa in un mio post tra il niquab e lo sfruttamento pornografico del corpo della donna non c’è alcuna differenza; è la negazione del nostro esistere.

Le frustrate, le punizioni corporali, financo la morte ne sono, solo, una logica conseguenza.

I costi della conversione

Per la conversione dal cattolicesimo all’islam sono sufficienti settanta euro.

Per la conversione dall’islam al cattolicesimo è necessario almeno un seggio in parlamento.

Non per niente la chiesa cattolica ha migliaia di anni di esperienza.

26 agosto 2010

La classe operaia andava in paradiso

silvanascricci

“Alcuni dei diritti ed alcune leggi non possiamo più permetterceli.

Non è il mondo che deve adeguarsi all’Europa, ma l’Europa che deve adeguarsi al mondo”.

Così parlò il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, al meeting di comunione e liberazione.

Manteniamo i diritto fondamentali, come il diritto allo sciopero, ad uno stipendio adeguato, alla assenza per malattia oppure ci troveremo a dover perdere la fabbrica, il posto di lavoro.

Abbiamo una ulteriore scelta o rinunciamo a leggi come la S2 che riguarda la sicurezza sui posti di lavoro, oppure rinunciamo direttamente al lavoro.

Non sono i cinesi, i cingalesi, gli indiani che devono tendere ai nostri statuti del lavoro, alle nostre leggi sulla sicurezza, ai nostri diritti bensì siamo noi che dobbiamo adeguarci alle loro condizioni di lavoro indegne di essere chiamate tali.

Per Tremonti, Marcegaglia, Marchionne dobbiamo rinunciare ai diritti, alle conquiste sociali e sindacali, alle norme (tra l’altro poco rispettate) sulla sicurezza nel lavoro per continuare ad averlo, un lavoro.

Dobbiamo rinunciare, come titola il manifesto, alla lotta di classe.

Ma quale lotta di classe, mi chiedo; è proprio perchè sono anni che non esiste una coscienza di classe che siamo arrivati a questo punto, è proprio perchè abbiamo rinunciato, da tempo, a tutelare diritti che pensavamo eterni ed immutabili che passetto dopo passetto ci siamo ritrovati a questo punto: ricattabili, divisi, inermi e poveri.

Stiamo molto accorti, e lo siano soprattutto gli operai leghisti (che, Tremonti, dalla nomenclatura della lega è molto amato, stimato e ascoltato) e quelli che hanno votato e votano questo governo perchè tra poco o lavoreranno come cani per un tozzo di pane rischiando di lasciarci la pelle o diventeranno extra comunitari nel loro paese.

Ed intanto, per abituarci sempre meglio ai tempi che verranno sono morti due lavoratori anche oggi.

Se pensavate che fossimo in tempi difficili eravate degli ottimisti, i tempi duri devono ancora arrivare.

23 agosto 2010

Le quote rosa che fanno male agli uomini

silvanascricci

Leggevo stamattina su di un quotidiano due notizie che, pur riguardando due nazioni differenti, sono strettamente correlate.

La prima notizia riguardava gli Stati Uniti dove le donne occupano il 30% dei posti chiave e di comando al Dipartimento di Stato ed al Pentagono, il 13% nelle agenzie di intelligence ed il 15% nelle sedi diplomatiche internazionali.

Il merito non è certo dell’amministrazione Obama e non è l’effetto trascinamento del fenomeno Hillary Clinton; è, bensì, un processo che viene da lontano, da George Bush padre in poi, ed affonda le sue radici nella tenacia, nella preparazione e nella competenza di queste donne.

La seconda notizia arriva dalla Svizzera dove, col prossimo rimpasto di governo, i ministri donna passano a 5 contro la rappresentanza di 2 uomini con l’aggiunta della presidente della repubblica (attualmente il rapporto è 3 donne e 4 uomini), donne che rivestono incarichi in ministeri chiave come quelli degli esteri, della giustizia, delle finanze e dei trasporti; ed è un risultato eclatante per uno stato che ha concesso il suffragio femminile solo 39 anni fa.

Eppure la ministra degli esteri Calmy-Rey, socialista, ha rilasciato un intervista nella quale afferma che “bisogna interrogarsi sul fatto che gli uomini potrebbero non sentirsi più rappresentati se cinque donne, quindi la maggioranza, occupassero una poltrona governativa. L’identificazione con le istituzioni è anche una questione di genere”.

Vorrei partire proprio dall’ultimo passo della dichiarazione della ministra; se è vero, cosa con cui potrei essere, in linea di massima, d’accordo, che l’identificazione nelle istituzioni è anche una questione di rappresentatività di genere, non vedo dove sia il problema, poiché nelle società di tutto il mondo è il genere femminile ad essere, numericamente, più forte del genere maschile ed ecco che le cose tornerebbero “naturalmente” al loro posto ed in equilibrio.

Poi, francamente, non vedo perché dovrebbe essere questa una priorità ed una preoccupazione femminile; ritengo che possano, benissimo, continuare a pensarci da soli (cosa in cui eccellono da millenni) dal momento che mai, e poi mai, gli uomini si sono preoccupati del fatto che il genere femminile non fosse minimamente rappresentato nella politica e nelle professioni, anzi, hanno sempre pervicacemente tentato di evitare potere e cultura alle donne.

E’, inoltre, situazione a cui dovranno, col tempo, abituarsi, si dovranno allenare ad essere circondati da donne da cui dipendere (e non certo solo per la cura della prole e del domestico focolare) se è vero, come è vero, che nel mondo occidentale ed in quello asiatico le università, in tutte le facoltà, e sempre di più in quelle economico – scientifiche, sono frequentate in larga maggioranza da donne (57,7% donne, 42,3% maschi), che concludono gli studi e si laureano in percentuali estremamente più ampie rispetto ai maschi (68,2% delle donne, 31,8% maschi) in meno tempo e con voti più brillanti (media inferiore a 24 il 28.9% donne, 48.2% maschi e una media superiore al 27 il 28,5% donne e 14,00% maschi) con possibilità di entrare per prime nel mondo del lavoro.

Avranno intorno sempre di più brillanti medici, ingegneri, matematici, fisici, avvocati, agronomi, sociologi, farmacisti, economisti, biotecnologi, letterati, e politici; donne.

E questo procurerà, soprattutto nel nostro paese, l’accentuazione della schizofrenia tra il mondo delle donne raccontato sui media ed il mondo delle donne raccontato dalla realtà.

21 agosto 2010

La maledizione del vestito giallo

Com’era bello, quella sera
il tuo vestito giallo
com’eri bella tu…
mi sembra quasi di toccarlo.
(Roberto Vecchioni – Canzoni e cicogne)

Possiedo un vestito giallo.

L’abito è lungo al polpaccio, stretto ma non strizzante, molto accollato, con una sua quasi monacale austerità davanti e, sorprendentemente, scollato dietro, lasciando completamente scoperta la schiena.

Ricorda, nel suo complesso, gli abiti di Audrey Hepburn nella linearità classica delle forme.

Eppure è un abito che fa danni e che, quindi, indosso con estrema moderazione.

Ha procurato un tamponamento in via Murri quando, in bicicletta, mi sono fermata ad un semaforo e un autista per vedere bene non ha guardato la macchina davanti che si era fermata e gli è finito adosso.

Ha procurato sentite reazioni in autobus, mentre mi accingevo a fare il biglietto con tanto di gomitata in piena costola, e relativo mugolio di dolore, ad un tizio accusato dalla moglie di essersi soffermato troppo con lo sguardo sul mio decoltè retroverso.

Ha procurato un’ustione di secondo grado ad una cliente del mio parrucchiere puntandogli per troppo tempo il phon sul collo.

E’ un abito a cui bisognerebbe allegare un bugiardino con le indicazioni per l’uso e l’abuso.

Mi sorge, spontanea, una domanda per i maschietti che frequentano il mio blog.

Che effetto può farvi una schiena, parte anatomica non particolarmente provocante e sessualmente esplicita, quando attorno a voi ne vedete di tutti i colori; ragazze che offrono, in un colpo d’occhio, tutta la mercanzia disponibile sul mercato, fanciulle in fiore a cui non è necessario fare una radiografia per vedere tutto ciò che possiedono, sottili ed eteree silfidi che si pongono e propongono con tutto ciò che hanno davanti e dietro?

Perchè proprio la schiena vi procura sì tanti turbamenti?

18 agosto 2010

Il cordoglio dei comunisti italiani

Volevo esentarmi dallo scrivere qualcosa della tardiva dipartita di Francesco Cossiga, giusto per evitare di parlare di un politico di bassissima, quasi infima, caratura; ma dopo aver letto le dichiarazioni di Diliberto non ci sono riuscita, non ho saputo trattenermi.

Passi per tutta la pletora di figure istituzionali che incensano Cossiga (o Kossiga) come più vi piace.

Passi per tutti gli ex democristiani che incensano la figura, francamente meschina e dappoco, passi pure per D’Alema che fa ringraziamenti postumi per averlo aiutato a diventare il primo ex comunista presidente del consiglio.

Ma non può passare il discorso di Diliberto, quello no, e soprattutto mi dissocio dall’ultima frase del suo discorso sotto riportato.

Il cordoglio dei comunisti italiani non può proprio dirlo (parlasse per lui soltanto), io da comunista italiana non provo e non esprimo cordoglio, e tanto meno politico, per Cossiga.

Scompare con Francesco Cossiga una delle figure piu’ eminenti della storia repubblicana.

Anticomunista convinto, ha pero’ sempre sinceramente rispettato i comunisti.

Il piu’ delle volte lo abbiamo avuto come avversario, ultimamente – per le bizzarrie della politica italiana della cosiddetta seconda repubblica, da Cossiga giustamente mai apprezzata – lo abbiamo avuto anche come alleato.

(…) È stato l’uomo (…) anche della nascita del primo governo a guida postcomunista, con i comunisti parte integrante.

Un bilancio si fara’ in seguito.

Ma guardandoci intorno desolati, lo ricordiamo con rimpianto, pensando ad una politica italiana repubblicana che oggi, nel basso impero imperante, evidentemente, non esiste piu’.

Alla famiglia, il cordoglio dei Comunisti italiani”.

17 agosto 2010

Non ci sono maiali a Ground Zero

silvanascricci

Erano il simbolo della forza e della potenza americana.

Sono stati colpite distrutte, con una forte intenzione politica e religiosa.

Ora saranno la terra in cui verrà costruita una moschea, un tempio a quello stesso dio nel nome del quale sono state distrutte, eppure Barak Obama non si è opposto a questo progetto nel paese più cristiano del mondo.

E non può farlo perchè la costituzione americana non lo permette e perchè non lo vuole.

La risposta di Obama è stata straordinaria poichè non ha detto, e poteva farlo, che nelle Torri lavoravano e sono morti molti islamici insieme a cattolici, ebrei ed indu, ha, invece, detto una cosa fortemente civica e assolutamente straordinaria: “questa è l’America come è stata pensata dai suoi padri fondatori, questa è la sua costituzione, questo è il suo presidente”.

Obama ha compiuto un gesto da politico che non si preoccupa se la sua decisione gli farà perdere dei voti nelle elezioni di medio termine, in novembre, ha compiuto un gesto di rispetto della costituzione e del suo paese senza pensare alla sua convenienza di medio termine.

Avrà, forse, pensato al libro di John Kennedy “Profili nel coraggio”, elogio dei pochi grandi leader della storia capaci di decisioni non volute dai cittadini.

E non è solo in questa decisione, altrettanto ha detto il sindaco, repubblicano, di New York.

I parenti delle vittime di Ground Zero hanno discusso, sono stati dissenzienti ma non hanno protestato; la destra estrema della Pallin ha veemente espresso il suo disaccordo, ha criticato il presidente ma nessuno ha portato i maiali nella zona dove dovrà sorgere la moschea.

Vuole Calderoli colmare l’evidente lacuna?

15 agosto 2010

L'estate sta finendo

silvanascricci

…e un anno se ne va.

Così cantavano i Righeira non so neppure bene quanti anni fa.

Ho sempre pensato che il vero inizio d’anno fosse settembre, si ricomincia a lavorare a pieno ritmo, ricominciano le scuole e la vita riprende il suo normale scorrere, fine delle giornate sonnolente quando il sole e l’afa danno sensazioni lisergiche.

L’estate non è la mia stagione prediletta, preferisco le stagioni intermedie piene di sfumature dai colori pastosi e polverosi, però la sua fine mi mette sempre un poco di malinconia; è l’arrivo di settembre “mese dei ripensamenti sugli anni e sull’età, che dopo l’estate porta il dono usato della perplessità. Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità.”

La paragono alla fine dell’infanzia, il periodo che, nella memoria, rimane come il più spensierato, quello pieno di possibilità, di sogni e di speranze; l’autunno prossimo avrà le esperienze della vita, i fardelli dell’età, le disillusioni della conoscenza.

Si vede eh che è ferragosto?, non ho niente da fare, ho letto tutti i libri in sospeso, mi fanno male i denti, non c’è un cane in città e mi annoio, mi annoio, mi annoio…..


13 agosto 2010

La paura delle primarie

silvanascricci

C’era una volta un neo partito, sorto dalle ceneri di uno più grande e glorioso, che aveva escogitato un modo per far partecipare i suoi elettori alla decisione di chi doveva candidarsi alla presidenza del consiglio, di una regione, di una città.

Si battezzava una giornata e tutto il popolo rosso (rosso? beh rosa antico) si incontrava nelle sedi, nei negozi, dai fruttivendoli, dai parrucchieri, insomma un po’ dapperttutto, per decidere o, almeno, incoronare il candidato.

Erano i tempi di Prodi, Veltroni, Bersani.

Era il PD.

Erano le primarie.

Adesso questo bel sistema partecipativo pare non si debba fare più; probabilmente hanno timore di competere sul serio, hanno paura che i simpatizzanti, i sostenitori, gli elettori sovvertano quello che è stato deciso nella segreteria di partito.

Dopo il paio di sberle rimediato dai candidati sponsorizzati da D’Alema, in Puglia, non se la sentono di porgere l’altra guancia e si arroccano sugli statuti.

Sbagliando.

Cosa può succedere se si accettano le primarie con le candidature dei vari Chiamparino, Vendola e De Magistris?

Non si disgregherà il partito più di quanto non lo sia già, non si vincerà meno di quanto si sia vinto finora; in compenso sapranno, per davvero, chi vogliamo come candidato e come leader.

I nostri rappresentanti sapranno quello che vogliamo e cerchiamo, ossia non un governo tecnico con Fini, Casini, Tremonti o, addirittura, e Dio non voglia, Montezemolo; non uno spostamento al centro (ricordiamoci che un elettore di sinistra vota per un ex DC, ma un elettore democristiano non voterà mai per un ex PCI per quanto moderato sia); non vogliamo perdere e disperdere tutti i voti a sinistra per non recuperarne neppure uno da altre parti; non vogliamo una politica ondivaga ed incerta, un giorno qua ed uno là.

Vogliamo un partito che abbia coraggio.

Vogliamo un partito che dica qualcosa di sinistra.

Vogliamo un partito che ci ascolti.

Faccio un appello alla Rosy Bindi, donna intelligente e seria: abbia coraggio, si fidi, ci faccia dire la nostra e ne sarà contenta.

In merito all’argomento leggete anche questo interessante articolo di Franco Bassi pubblicato qualche giorno fa dal Fatto Quotidiano.

10 agosto 2010

Se fossi leghista mi incazzerei

silvanascricci

Vorrei sapere che cosa pensa, nel profondo del suo cuore, un leghista, che cosa pensa di aver portato a casa da questo governo che sta per finire.

La madre di tutte le sue battaglie, il federalismo, è fermo al palo da tanto di quel tempo che quasi non si ricorda più, esattamente, che cosa significhi.

Sì avranno anche fatto la legge ma, ancora oggi e chissà per quanto tempo, mancano ancora i decreti applicativi (e dovevano farli lo scorso anno) e quindi è lettera morta e carta straccia.

L’altro cavallo di battaglia, la lotta alla clandestinità, latita; è vero che la televisione non dà più notizie di sbarchi di clandestini ma lo sa benissimo, guardandosi attorno, che continuano ad arrivare, e lui, duro e puro, rimane legato ai tiramenti del dittatore libico che apre e chiude le porte secondo il suo tornaconto personale e nazionale.

Chissà che cosa prova nell’intimo della sua psiche, mentre Maroni dichiara di lottare strenuamente contro la mafia, quando legge che l’odiata criminalità terrona si è insinuata, ha conquistato e la fa da padrona nella sua città d’elezione: Milano.

Chissà che cosa si smuove nel suo animo, pensando al suo programma, quando passa una legge sulla privatizzazione dell’acqua mentre leggeva nel sito padano le parole “l’acqua non può cedere alle logiche di mercato: è un bene comune e, come tale, va gestito pubblicamente”.

Chissà che cosa prova, nel profondo della sua indole, quando vede i suoi deputati sguazzare e bearsi nella Roma ladrona in cui si trovano benissimo; quando vede il suo partito fottere allegramente tutti i contadini delle valli e delle pianure che hanno sempre pagato le multe per le quote latte; quando si accorge che alle sue amate regioni non arriva un soldo dei tanti promessi.

Chissà cosa pensa quando è da solo nel suo lettino e non assieme agli altri nelle piazze.

Chissà a cosa pensa davvero, da diciotto anni a questa parte.

7 agosto 2010

Vade retro gay

“Non darei la comunione a Vendola perchè ostenta la sua condizione perversa e malata di omosessuale praticante.
A questa gente come lui, un gran furbacchione, che specula sulla sua presunta vicinanza alla chiesa, i vescovi e i sacerdoti sappiano dare un bel calcio nel sedere”.
“Se muore un gay certamente me ne dolgo e prego per lui, ma non posso celebrare una messa funebre per la sempliissima ragione che è morto senza pentimento, senza cambio di vita e da pubblico peccatore, pietra di scandalo”

Così parlò Vincenzo Franco, vescovo di Otranto.

State attenti ad alcuni punti di questo edificante discorso: “presunta vicinanza alla chiesa”, evidentemente il monsignore sa e conosce perfettamente, se pur da lontano seppure senza aver mai dialogato con Vendola, la sua anima, i suoi pensieri, i suoi sentimenti; “se muore un gay me ne dolgo”, cioè sì un poco mi dispiace ma è pur sempre uno di meno sulla faccia della terra; “pubblico peccatore, pietra dello scandalo”, fallo di nascosto, non dirlo a nessuno ed io, che pur sono gran conoscitore della tua anima e anche se conosco il tuo peccato, la comunione te la faccio fare lo stesso.

Si potrebbe osare un: “da che pulpito viene la predica…”, sì perchè in fondo questo monsignore, anche se magari non lui personalmente, appartiene ad una congrega in cui i gay pullulano e, cosa ben abberrante, ben frequentata da pedofili.

I quali (pedofili) non solo hanno ricevuto e ricevono la comunione ma l’hanno somministrata e la somministrano ai fedeli; questi commettono tutti i santissimi giorni, oltre al reato di pedofilia, il peccato sublime dell’ipocrisia.

Non hanno mai denunciato i preti che, per anni ed anni, hanno abusato di minori, e continuano a non denunciarli, ma si permettono di giudicare i comportamenti di Vendola come il male assoluto.

Non hanno aperto bocca sui comportamenti, certamente non aderenti alle norme cattoliche, del premier lasciandogli fare la comunione millanta volte, non hanno avuto nulla da ridire sul reiterato peccato del rubare pervicacemente commesso da questa classe dirigente ma a Vendola no, a Vendola non si deve perdonare nulla, a lui e a tutti quelli come lui nulla deve essere perdonato.

Trovo bizzarra questa doppia morale, a scartamento ridotto per alcuni, inflessibile e dura per altri.

Il diritto canonico, a cui fa appello il monsignore, è appunto diritto umano e non precetto divino, e come tale emendabile.

Questa chiesa talebana ed asservita al potere mi schifa e mi spaventa.

Sia presto aperta la caccia alle streghe e fiocchino le scomuniche.

Sto aspettando e, per natura, non sono paziente.

6 agosto 2010

Mamma li batteri!

silvanascricci

Ho visto, recentemente, una pubblicità che inneggiava all’uso di un prodotto disinfettante ed antisettico per ogni occasione e in ogni momento.

Sali sull’autobus e, per non cadere, ti aggrappi ai sostegni?

Entri in un negozio e tocchi la varia mercanzia per scegliere quello che fa al caso tuo?

Salutando dai la mano ad un conoscente o al tuo vicino di casa?

Dopo sparati il prodotto in questione sulle mani, strofinale fino ad arrossarle, disinfettati con cura.

Trovo che questo messaggio, oltre ad essere profondamente diseducativo perché ci pone nella condizione di recepire pericoli in qualunque attività umana, sia anche estremamente pericoloso.

Pericoloso e deleterio per la nostra salute e per quella incolumità dalle malattie da cui intendiamo ripararci.

Bisogna riscoprire, almeno in parte, il vecchio detto: quel che non ammazza, ingrassa.

Non voglio certo, con questo, tessere le lodi alla sporcizia, al fetore, al sudiciume quanto esortare ad una sana igiene che non sconfini nella mania e nella paranoia indotte a fini di mercato.

Disinfettarsi, utilizzare antisettici e sterilizzanti ha un effetto paradosso che si risolve con una maggiore vulnerabilità del nostro organismo verso tutto ciò da cui intendevamo proteggerlo.

L’utilizzo topico e sistematico di tali prodotti ottiene il risultato di eliminare o ridurre il film lipidico della pelle rendendola più esposta agli agenti patogeni.

Un comportamento similare e speculare si riscontra nell’utilizzo degli antibiotici.

Al primo segno di tosse, al primo raschiamento in gola, al primo starnuto, alla prima raucedine ricorriamo ai farmaci, agli antibiotici a largo spettro, senza neppure sapere da cosa siamo affetti.

Sì perché ai virus l’antibiotico gli fa il solletico.

Ditemi chi di voi, andando dal medico, per descrivere i sintomi si è sentito rispondere: facciamo prima un tampone faringeo, un’urinocoltura per verificare se l’infezione è batterica e conoscere a quale antibiotico il batterio è sensibile.

Eppure questo corretto atteggiamento porterebbe a risultati importanti e duraturi quali:

1) sensibile riduzione della spesa farmaceutica nostra e del paese

2) sensibile diminuzione della farmaco resistenza che, sempre più si sta verificando.

Perché sappiate, carissimi lettori, che stiamo correndo un fortissimo pericolo di cui nessun Vespa e Co. ci informa.

Siamo stati, e sempre di più saremo, bombardati da notizie allarmanti e terroristiche su influenze aviarie, maiale e variamente zoologiche ma nulla ci viene detto sul fatto che siamo sempre più a corto di molecole che possano curare una bronchite, una cistite, una polmonite, una tubercolosi od una peste.

Abbiamo fatto un tale smodato e sconsiderato uso di antibiotici, nel mondo, da renderli sempre più inefficaci; e, torno a dire, non abbiamo più, da anni, nuove molecole.

Per darvi un’ideuzza del pericolo che stiamo correndo vi cito un piccolo esempio.

C’era una volta lo Stafilococco Aureo che si poteva trovare sulla nostra cute, nel nostro apparato respiratorio od urinario e che, quando dava di matto, si poteva battere 5 a 0 con la vancomicina.

Ora non è più possibile.

Il bastardo, per colpa nostra, ha sviluppate resistenza alla vancomicina e per batterlo a fatica (diciamo 1 a 0 con gol in zona Cesarini) ci vuole un mix di farmaci.

A fronte di oltre 100 antibiotici oggi a disposizione dei clinici, ci sono già almeno tre specie batteriche che non reagiscono a nulla, e parecchie altre sembrano prossime al cento per cento di resistenza ai farmaci.

Il paradosso dell’antibiotico-resistenza è proprio questo: più antibiotici circolano e più velocemente i batteri riescono a selezionare i geni della resistenza. Specialmente, come purtroppo avviene spesso, se la cura viene interrotta prima del previsto ed il farmaco non ha avuto tempo per distruggere tutta la flora batterica.

Il risultato, in questi casi, è che a sopravvivere sono i batteri più resistenti alla medicina, le cui successive generazioni saranno dunque più forti.

E il furbissimo paziente ha fatto del suo corpo un efficiente allevamento di batteri resistenti all’antibiotico.

Pensiamoci seriamente.

Non facciamo, quindi, un uso sbagliato di antibiotici, non interrompiamo prima del dovuto la terapia e non assumiamolo senza motivo.

Non facciamoci condizionare dalla recente, stupidissima moda di saponi e detergenti con l’aggiunta di sostanze antibatteriche, quasi che i pavimenti e i mobili di casa debbano trasformarsi da un momento all’altro in sala operatoria, e la nostra pelle sia pronta per essere utilizzata come lettino operatorio.

Già da tempo, l’Organizzazione mondiale della Sanità lancia appelli in questo senso, sia a medici e farmacisti, responsabili di distribuire antibiotici con troppa facilità, magari cedendo ad ingiustificate pressioni dei pazienti, sia alla “gente comune”, che continua ad usare farmaci contro i batteri anche quando la malattia è causata da un virus, come l’influenza.

Per prevenire le complicazioni, si dice.

Ma chi preverrà il ritorno della tubercolosi?

5 agosto 2010

Fini meglio di Berlusconi, anche a letto

silvanascricci

Oggi su vari social network, su molti siti e blog “tira” la notizia, a dire il vero, un po’ vecchiotta che l’ictus del senatur sia derivata da una overdose di viagra.

Che così, in effetti, si spiega anche tutta la mania del celodurismo.

Quindi per restare in tema posto anche un altra notizia sul genere esitivo-gossiparo che riguarda Fini; da un recentissimo e serissimo sondaggio pare che le donne (sposate) indichino in Fini l’amante ideale con il 58% delle preferenze; mentre Berlusconi ottiene un miserrimo 3%.

Insomma il cavaliere, di questi tempi ha sempre Fini tra i piedi e, a quanto pare, anche tra le lenzuola.

Il primo classificato tra i leghisti è Maroni (nomen non omen, in questo caso) che si attesta sul 4%, degli altri esponenti di governo neppure l’ombra.

Pare che il governo non abbia la maggioranza neppure in questo campo.

In questo specifico campo l’opposizione batte, finalmente, un colpo con De Magistris al 19% ed il 16% di Vendola.

PD, come sempre, non pervenuto.

E’ grave se da donna sposata preferisco sempre Clooney?

4 agosto 2010

L'Italia ha bisogno della destra

silvanascricci

Credo che si sia capito perfettamente che sono una donna di sinistra, geneticamente di sinistra.

E, se non si fosse capito, lo dichiaro apertamente.

Eppure io sostengo che nel paese ci sia bisogno della destra, di una destra moderna, legalitaria, non peronista, non populista, nè tanto meno xenofoba.

Della destra esistente in tutti i paesi europei moderni.

Non so se Fini riuscirà nell’intento di smarcarsi completamente dal cavaliere, se riuscirà a creare un moderno partito che seppelisca per sempre il fascismo, le sue nostalgie ed i suoi rigurgidi.

Certo non mi preoccuperebbe un governo guidato da un ex (purchè sia convintamente tale) fascista; certo non riuscirebbe a far peggio di ciò che ha propinato a questo paese Silvio Berlusconi ed alcuni suoi accoliti negli anni: affari decisamente poco chiari, padronati e padrinati, corruzione, scandali, puttanate e, soprattutto, l’annullamento di una coscienza civica e civile.

Una destra come la immagino non solo farebbe bene al paese, farebbe bene anche alla sinistra.

2 agosto 2010

2 agosto 1980 – Angela Fresu, tre anni per sempre

angelafresu

Quest’anno per ricordare la strage alla stazione di Bologna, per ricordare 85 morti, per ricordare centinaia di feriti, per ricordare la mia città ferita che in quell’occasione perse, per sempre, la sua innocenza non scriverò nulla di mio, nulla di personale come avevo fatto gli anni passati.

Voglio, invece, riportare questo post di RossiOrizzonti dedicato ad Angela Fresu che avrà tre anni per sempre e di cui non fu ritrovato il più piccolo frammento della sua esistenza.

Angela Fresu avrebbe oggi appena trentatre anni.
Forse Angela sarebbe alla vigilia del suo matrimonio, forse sarebbe innamoratissima di un ragazzo conosciuto all’università, forse sarebbe in vacanza, in questo momento, in un isola del Mediterraneo, vacanza meritata dopo undici mesi di lavoro in fabbrica e la fine di un amore.
Forse avrebbe un ricordo vago di quel viaggio in treno con la sua mamma, quando aveva appena tre anni, e le case scorrevano via tanto veloci, e lei le salutava con la manina, e la mamma aveva tirato fuori dalla borsa la bottiglia dell’aranciata, e lei aveva bevuto e l’andare sconnesso del treno le aveva fatto cadere qualche goccia della bibita sul vestitino nuovo, comprato apposta per le vacanze, e allora lei si era messa a piangere, ma poi si era addormentata, e quando si era svegliata il viaggio era già finito. Forse si ricorderebbe di quel primo viaggio, e ogni tanto ne parlerebbe con sua madre, Ti ricordi, le direbbe, ti ricordi quella volta che siamo andate in vacanza sul lago?
Ma non c’è stato nessun viaggio, per la piccola Angela. La vita le è stata sottratta ancora prima che il viaggio iniziasse.
Ha volato, Angela.
Il suo corpo è saltato in aria nella sala di aspetto della stazione di Bologna il 2 agosto 1980.

1 agosto 2010

Fischi? allora ti arrangi

Volevo aspettare domani e scrivere, come ogni anno, un solo post sulla strage fascista alla stazione di Bologna (cosa che comunque domani farò), ma non ci sono riuscita.

Stamattina con le notizie dei giornali mi è montata nuovamente la rabbia (che già aveva fatto capolino ieri) leggendo le dichiarazioni di alcuni esponenti dello stato sull’assenza di ministri alla commemorazione.

Soprattutto quella di La Russa: “Vi siete già risposti, tutti gli anni fischiate il ministro, quindi che cosa vi aspettavate? Fatevela tra di voi la vostra commemorazione!”

Ci sono, a mio avviso, due importanti rivelazioni in questa dichiarazione.

La prima è che il dissenso, la contestazione, il pensiero diverso non sono graditi a questo governo e ai loro rappresentanti (e questa era, obbiettivamente, cosa già nota); tra l’altro proprio quest’anno che era stato deciso di far parlare un ministro nella sede del comune, proprio per evitare che sentissero i fischi di una popolazione dissenziente.

La seconda, più importante, è che il ricordo di chi è morto innocente per mano di stragisti e di membri, deviati, dello stato è “cosa nostra”, come cosa nostra sono le commemorazioni di Falcone e Borsellino (anche lì, nessun rappresentante dello stato); insomma il mantenimento della memoria, il ricordo della storia sono cosa della società civile, della popolazione sana, cosa a cui loro non hannonessuna intenzione di partecipare.

Credo che oltre a questo ci sia anche la paura, o forse l’imbarazzo, di dover dare risposte sugli indennizzi ai parenti delle vittime e ai feriti; perchè lo stato, e negli anni, neppure questo ha fatto; e ci sia anche il tentativo di disconoscimento della verità giudiziale della strage, una delle poche che sia arrivata a termine, fino alla cassazione.

31 luglio 2010

Il tempo è un galantuomo

silvanascricci

I vecchi proverbi lo sostengono da sempre: il tempo è galantuomo.

In politica non so, nella vita reale sono quasi propensa a crederlo, almeno dopo l’altra sera.

Dopo molti diniegi mi sono convinta ad andare ad una di quelle terrificanti feste in cui si rincontrano i vecchi compagni di scuola, non quelli delle elementari o delle medie (che manco li ricordo tutti) ma quelli del liceo.

Sono incontri tristissimi, fatti di ricordi che non sai neppure se corrispondono al vero, racconti di vita abbelliti per nascondere la mediocrità del quotidiano, recriminazioni di vecchi torti mai dimenticati che risaltano fuori, nonostante gli anni passati.

Poi ci sono loro, le tue vecchie compagne di scuola, quelle che a diciotto anni erano delle stragnocche, sembravano avere quattro-cinque anni in più, erano bionde, erano alte, avevano una quarta di reggiseno e fianchi prosperosi.

Io, che dimostravo quattro-cinque anni in meno, che non ho mai, anche negli anni della crescita, superato il metro e cinquantasei, che non ero bionda, che avevo una prima di seno, che non avevo neppure un accenno di fianchi ed ero, praticamente, un asse da stiro, rosicavo.

Ora, trent’anni dopo, la loro altezza è diventata goffaggine, non sono più bionde naturali neppure loro, la quarta di seno ha ceduto il passo, ed i fianchi si sono raddoppiati.

Ora, trent’anni dopo, la mia altezza è rimasta costante ed è grazia, potrei essere, se lo volessi, bionda nello stesso modo, la mia prima di seno ha retto benissimo alla forza di gravità, e la maternità mi ha regalato i fianchi.

Ebbene sì, il tempo è un galantuomo.

30 luglio 2010

Confusioni di programma

“Ci sono rimasto male quando ho saputo che Bocchino era un deputato

e non un punto del nostro programma”

(Silvio Berlusconi)

Il berretto del papa

Benedetto XVI espone, nelle passeggiate a Castel Gandolfo, un berretto da baseball portato sulla lunga tonaca bianca.

Il fatto ha colpito l’immaginazione del Daily Mail che rileva come il papa non stia al passo con i tempi perchè il cappellino non è quello della stagione in corso.

Fosse solo per il cappello che il papa non sta al passo con i tempi…mi accontenterei.

29 luglio 2010

Fuori di qui

La presidenza della Camera non è nelle disponibilità del presidente del Consiglio…

E pensare che il premier pensava di avere anche l’uso di cucina.

Fini ha il contratto bloccato ad equo canone.

27 luglio 2010

C'era una volta

Uno dei motivi che suscita clamore, in questi giorni, nella mia città è lo stravolgimento della viabilità cittadina per i lavori di messa in opera del Civis.

Io sono contraria al Civis perchè non serve a nulla, non risolve i problemi della viabilità e neppure il problema degli spostamenti sui mezzi pubblici.

Il risultato è la deviazione di tantissime linee di autobus, via Murri chiusa per metà, in un senso di marcia, ma, soprattutto, via SanVitale chiusa al traffico tout court.

Via San Vitale chiusa ha provocato, sui quotidiani cittadini, una marea di polemiche, proteste, incazzature; leggendo i giornali trovavi commercianti sul piede di guerra, bolognesi esasperati, sit in di protesta, lenzuolate alle finestre, ecc… ecc…

Pareva, insieme all’emergenza graffiti e l’emergenza pisciate, un caso di rilevanza nazionale, degno di stravolgere gli equilibri politici dell’intero paese e di provocare una crisi di governo nazionale con tanto di prolcami terroristici di emergenza “caduta due torri” (e per chi non si scansa in tempo è fatta).

Volevo, quindi, sincerarmi di persona della situazione ed, eventualmente, dare una mano per placare animi sovraeccitati da cotanta emergenza.

Complice il fatto di essere andata in ferie presto ed essere tornata quando tutti stanno sbaraccando riesco ad uscire dal lavoro ad orari più che dignitosi, mi incammino per via Massarenti con l’animo già disposto a trovarmi in una baraonda cacofonica di protesta.

E mi ritrovo in un’atmosfera surreale di tanti anni fa.

In via S. Vitale c’è una calma assoluta; un silenzio riposante e distensivo.

Arrivano, dalle finestre aperte, le risate dei ragazzi, i suoni di musica e degli strumenti; si sentono, da sotto i portici, le discussione dei giocatori di carte nei bar; si vedono i bambini che, sotto le ombre dei collonati, giocano a pallone sul granito; osservo, all’incrocio con via Broccaindosso, alcune vecchie signore che, portate fuori di casa le sedie, chiaccherano tranquillamente con i bottegai della zona.

Immagini di una Bologna di quarant’anni fa dove, nei pomeriggi assolati e caldi, si viveva tranquilli in modo conviviale; una Bologna tranquilla, paciosa e socievole.

Un incanto.

Fino al torresotto di Piazza Aldrovandi, dove la strada riapre al traffico, dove i motorini stridono, le macchine strombazzano, la gente s’incazza e gli olezzi dei tubi di scarico riempono le volte delle logge.

Vorrei che i lavori del Civis non finissero mai e si estendessero a tutto il centro.

Meglio poco da tanti o tanto da pochi?

Meglio una botta e via da tanti

o parecchie volte da pochi?

Meglio che parlino spesso

o che tacciano?

Sto parlando del blog.

Maliziosi.

Da Bebelplatz all'Islanda

silvanascricci

Da Babelplatz all’Islanda passando per l’Italia.

Ossia dal buio e cupo rogo di libri, di conoscenza, di libertà della Germania nazista alla proposta di legge, approvata, della deputata islandese Birgitta Jonsdottir che offre uno scudo totale ai divulgatori di segreti, segreti militari, istruttori societari, di Stato, passando per il bavaglio italiano.

Nella speranza di non rivedere mai più le scene berlinesi di 30 anni fa, sperando di non vedere convertito in legge la proposta del bavaglio ai giornali e alla rete italiane, godiamoci l’aria fresca islandese.

Io non so se il parlamento islandese ha capito appieno l’effetto dirompente di una legge che prevede che qualora un documento di interesse pubblico sarà immesso in rete da un server islandese la giustizia isolana non potrà tentare di scoprire chui li ha rivelati, non potrà impedirne la pubblicazione e da lì all’intero mondo.

Ma non è finita qui: se uno stato od un privato ritenesse la pubblicazione (anche espressa nei blog) diffamante e diffamatoria e ricorresse davanti ad un tribunale estero il server islandese che ha immesso la notizia non potrà essere intimidito e potrà, a sua volta, rispondere con una contro citazione ad un tribunale dell’isola dichiarandosi vittima di una minaccia alla libertà di espressione.

Certo una bella pacca nei denti delle compagnie di assicurazione e petrolifere, al Pentagono, agli stati di polizia, alle banche e a Silvio Berlusconi.

Già oggi l’Islanda permetterebbe di aggirare i divieti di Angelino Jolie e della sua legge.

L’Islanda come le Cayman dell’informazione ed il bunker del giornalismo investigativo.

Come ha detto la deputata islandese: ” questo vuol dire modificare la storia”.

Io, tu e il cenacolo

silvanascricci

Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è opera estremamente delicata, dall’equilibrio fragile ed è vietato fotografarla con o senza flash per evitare stress perchè le luci delle macchine da presa o i troppi flash possono causare un’eccitazione termica e rovinare il dipinto.

La sovrintendenza alle belle arti fa rare eccezioni per motivi di studio e di ricerca agli altri è tassativamente vietato; a tutti gli altri.

…Beh, non proprio a tutti.

A Berlusconi no, lui può farsi fotografare insieme a Medveded (che, poverino, ci teneva tanto) per una foto ricordo.

Io, tu ed il Cenacolo.

Io capisco che per una volta non succederà nulla, l’opera non subirà danni permanenti nè passeggeri; quello che mi infastisce è il concetto, l’esempio che si dà, la morale che se ne può trarre.

Un presidente del consiglio dovrebbe, in primis, tutelare le opere d’arte del suo paese (quelle stesse opere che pubblicizza in uno spot), dovrebbe dare il buon esempio con un comportamento corretto; dovrebbe propagare la morale che chi governa rispetta le leggi ed i regolamenti.

Ma forse, a questo punto, dovremmo avere un altro presidente, un altro parlamento, un altro governo; al che saremmo in un altro paese.

Qui vige sempre la regola del marchese del grillo: io so’ io, e , , , , , voi nu siete un c…!