31 agosto 2010

La donna nelle religioni

silvanascricci

Vorrei gentilmente dire alle signorine che hanno comunicato la loro conversione, dopo l’illuminazione sulla via di Damasco a seguito dell’incontro con Mu’Ammar Gheddafi, che settanta euro e anche infinitamente di più non valgono una religione che considera le donne come oggetti, come bestie, come possesso (anche se pure la religione cattolica, in merito, ha ben poco da insegnare).

Leggevo della violenta reazione che ha avuto il giornale iraniano Kayhan verso la premiere dame de France, Carla Bruni.

Ognuno di noi può avere, della Bruni, l’opinione che preferisce; può piacere o meno, può godere di maggiore o minore considerazione, ma il livello raggiunto nell’editoriale di oggi del direttore del giornale (e non è un caso che sia nominato dalla guida suprema religiosa Khamanei) è di quelli veramente scandalosi verso il quale ognuno di noi, maschio o femmina che sia, dovrebbe avere una viscerale reazione di avversione.

La colpa della Bruni è di avere chiesto la revisione del processo e la sospensione della pena di morte per Ashtiani, rea di adulterio e che ha già subito la pena di 99 (ah la meravigliosa ipocrisia del 99) frustate sulla pubblica piazza, con queste parole: “Versare il tuo sangue, privare i tuoi figli di una madre? Perché? Perché hai vissuto, perché hai amato, perché sei una donna, un iraniana? Ogni parte di me rifiuta di accettare questo”.

E la pena che il giornalista chiede per questa interperanza verbale della signora Carla è la morte, e la chiede con questa motivazione: “Prostitute francesi partecipano alle proteste sui diritti umani”, imputandole il divorzio del presidente francese Nicolas Sarkozy dalla precedente moglie.

Ma rincara la dose commentando: “Il passato di Carla Bruni mostra chiaramente la ragione per cui questa donna senza morale sostiene una donna iraniana condannata a morte per aver commesso un adulterio che ha poi portato all’omicidio del marito e, infatti, lei stessa merita di morire”.

Tutto questo io non riesco ad accettarlo, mi si rivolta lo stomaco verso uomini che pretendono di giudicare, di essere padroni, di lapidare, torturare ed ammazzare le donne per il loro corpo, le loro parole, i loro pensieri e l’uso che di questi ne fanno.

E non pensiate che l’Iran, con le sue abberazioni, sia tanto lontano da casa nostra; anche da noi la religione, la politica, la morale desidererebbero avere il controllo delle nostre azioni, se, non ancora, dei nostri pensieri.

Come scrissi qualche tempo fa in un mio post tra il niquab e lo sfruttamento pornografico del corpo della donna non c’è alcuna differenza; è la negazione del nostro esistere.

Le frustrate, le punizioni corporali, financo la morte ne sono, solo, una logica conseguenza.

I costi della conversione

Per la conversione dal cattolicesimo all’islam sono sufficienti settanta euro.

Per la conversione dall’islam al cattolicesimo è necessario almeno un seggio in parlamento.

Non per niente la chiesa cattolica ha migliaia di anni di esperienza.

26 agosto 2010

La classe operaia andava in paradiso

silvanascricci

“Alcuni dei diritti ed alcune leggi non possiamo più permetterceli.

Non è il mondo che deve adeguarsi all’Europa, ma l’Europa che deve adeguarsi al mondo”.

Così parlò il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, al meeting di comunione e liberazione.

Manteniamo i diritto fondamentali, come il diritto allo sciopero, ad uno stipendio adeguato, alla assenza per malattia oppure ci troveremo a dover perdere la fabbrica, il posto di lavoro.

Abbiamo una ulteriore scelta o rinunciamo a leggi come la S2 che riguarda la sicurezza sui posti di lavoro, oppure rinunciamo direttamente al lavoro.

Non sono i cinesi, i cingalesi, gli indiani che devono tendere ai nostri statuti del lavoro, alle nostre leggi sulla sicurezza, ai nostri diritti bensì siamo noi che dobbiamo adeguarci alle loro condizioni di lavoro indegne di essere chiamate tali.

Per Tremonti, Marcegaglia, Marchionne dobbiamo rinunciare ai diritti, alle conquiste sociali e sindacali, alle norme (tra l’altro poco rispettate) sulla sicurezza nel lavoro per continuare ad averlo, un lavoro.

Dobbiamo rinunciare, come titola il manifesto, alla lotta di classe.

Ma quale lotta di classe, mi chiedo; è proprio perchè sono anni che non esiste una coscienza di classe che siamo arrivati a questo punto, è proprio perchè abbiamo rinunciato, da tempo, a tutelare diritti che pensavamo eterni ed immutabili che passetto dopo passetto ci siamo ritrovati a questo punto: ricattabili, divisi, inermi e poveri.

Stiamo molto accorti, e lo siano soprattutto gli operai leghisti (che, Tremonti, dalla nomenclatura della lega è molto amato, stimato e ascoltato) e quelli che hanno votato e votano questo governo perchè tra poco o lavoreranno come cani per un tozzo di pane rischiando di lasciarci la pelle o diventeranno extra comunitari nel loro paese.

Ed intanto, per abituarci sempre meglio ai tempi che verranno sono morti due lavoratori anche oggi.

Se pensavate che fossimo in tempi difficili eravate degli ottimisti, i tempi duri devono ancora arrivare.

23 agosto 2010

Le quote rosa che fanno male agli uomini

silvanascricci

Leggevo stamattina su di un quotidiano due notizie che, pur riguardando due nazioni differenti, sono strettamente correlate.

La prima notizia riguardava gli Stati Uniti dove le donne occupano il 30% dei posti chiave e di comando al Dipartimento di Stato ed al Pentagono, il 13% nelle agenzie di intelligence ed il 15% nelle sedi diplomatiche internazionali.

Il merito non è certo dell’amministrazione Obama e non è l’effetto trascinamento del fenomeno Hillary Clinton; è, bensì, un processo che viene da lontano, da George Bush padre in poi, ed affonda le sue radici nella tenacia, nella preparazione e nella competenza di queste donne.

La seconda notizia arriva dalla Svizzera dove, col prossimo rimpasto di governo, i ministri donna passano a 5 contro la rappresentanza di 2 uomini con l’aggiunta della presidente della repubblica (attualmente il rapporto è 3 donne e 4 uomini), donne che rivestono incarichi in ministeri chiave come quelli degli esteri, della giustizia, delle finanze e dei trasporti; ed è un risultato eclatante per uno stato che ha concesso il suffragio femminile solo 39 anni fa.

Eppure la ministra degli esteri Calmy-Rey, socialista, ha rilasciato un intervista nella quale afferma che “bisogna interrogarsi sul fatto che gli uomini potrebbero non sentirsi più rappresentati se cinque donne, quindi la maggioranza, occupassero una poltrona governativa. L’identificazione con le istituzioni è anche una questione di genere”.

Vorrei partire proprio dall’ultimo passo della dichiarazione della ministra; se è vero, cosa con cui potrei essere, in linea di massima, d’accordo, che l’identificazione nelle istituzioni è anche una questione di rappresentatività di genere, non vedo dove sia il problema, poiché nelle società di tutto il mondo è il genere femminile ad essere, numericamente, più forte del genere maschile ed ecco che le cose tornerebbero “naturalmente” al loro posto ed in equilibrio.

Poi, francamente, non vedo perché dovrebbe essere questa una priorità ed una preoccupazione femminile; ritengo che possano, benissimo, continuare a pensarci da soli (cosa in cui eccellono da millenni) dal momento che mai, e poi mai, gli uomini si sono preoccupati del fatto che il genere femminile non fosse minimamente rappresentato nella politica e nelle professioni, anzi, hanno sempre pervicacemente tentato di evitare potere e cultura alle donne.

E’, inoltre, situazione a cui dovranno, col tempo, abituarsi, si dovranno allenare ad essere circondati da donne da cui dipendere (e non certo solo per la cura della prole e del domestico focolare) se è vero, come è vero, che nel mondo occidentale ed in quello asiatico le università, in tutte le facoltà, e sempre di più in quelle economico – scientifiche, sono frequentate in larga maggioranza da donne (57,7% donne, 42,3% maschi), che concludono gli studi e si laureano in percentuali estremamente più ampie rispetto ai maschi (68,2% delle donne, 31,8% maschi) in meno tempo e con voti più brillanti (media inferiore a 24 il 28.9% donne, 48.2% maschi e una media superiore al 27 il 28,5% donne e 14,00% maschi) con possibilità di entrare per prime nel mondo del lavoro.

Avranno intorno sempre di più brillanti medici, ingegneri, matematici, fisici, avvocati, agronomi, sociologi, farmacisti, economisti, biotecnologi, letterati, e politici; donne.

E questo procurerà, soprattutto nel nostro paese, l’accentuazione della schizofrenia tra il mondo delle donne raccontato sui media ed il mondo delle donne raccontato dalla realtà.

21 agosto 2010

La maledizione del vestito giallo

Com’era bello, quella sera
il tuo vestito giallo
com’eri bella tu…
mi sembra quasi di toccarlo.
(Roberto Vecchioni – Canzoni e cicogne)

Possiedo un vestito giallo.

L’abito è lungo al polpaccio, stretto ma non strizzante, molto accollato, con una sua quasi monacale austerità davanti e, sorprendentemente, scollato dietro, lasciando completamente scoperta la schiena.

Ricorda, nel suo complesso, gli abiti di Audrey Hepburn nella linearità classica delle forme.

Eppure è un abito che fa danni e che, quindi, indosso con estrema moderazione.

Ha procurato un tamponamento in via Murri quando, in bicicletta, mi sono fermata ad un semaforo e un autista per vedere bene non ha guardato la macchina davanti che si era fermata e gli è finito adosso.

Ha procurato sentite reazioni in autobus, mentre mi accingevo a fare il biglietto con tanto di gomitata in piena costola, e relativo mugolio di dolore, ad un tizio accusato dalla moglie di essersi soffermato troppo con lo sguardo sul mio decoltè retroverso.

Ha procurato un’ustione di secondo grado ad una cliente del mio parrucchiere puntandogli per troppo tempo il phon sul collo.

E’ un abito a cui bisognerebbe allegare un bugiardino con le indicazioni per l’uso e l’abuso.

Mi sorge, spontanea, una domanda per i maschietti che frequentano il mio blog.

Che effetto può farvi una schiena, parte anatomica non particolarmente provocante e sessualmente esplicita, quando attorno a voi ne vedete di tutti i colori; ragazze che offrono, in un colpo d’occhio, tutta la mercanzia disponibile sul mercato, fanciulle in fiore a cui non è necessario fare una radiografia per vedere tutto ciò che possiedono, sottili ed eteree silfidi che si pongono e propongono con tutto ciò che hanno davanti e dietro?

Perchè proprio la schiena vi procura sì tanti turbamenti?

18 agosto 2010

Il cordoglio dei comunisti italiani

Volevo esentarmi dallo scrivere qualcosa della tardiva dipartita di Francesco Cossiga, giusto per evitare di parlare di un politico di bassissima, quasi infima, caratura; ma dopo aver letto le dichiarazioni di Diliberto non ci sono riuscita, non ho saputo trattenermi.

Passi per tutta la pletora di figure istituzionali che incensano Cossiga (o Kossiga) come più vi piace.

Passi per tutti gli ex democristiani che incensano la figura, francamente meschina e dappoco, passi pure per D’Alema che fa ringraziamenti postumi per averlo aiutato a diventare il primo ex comunista presidente del consiglio.

Ma non può passare il discorso di Diliberto, quello no, e soprattutto mi dissocio dall’ultima frase del suo discorso sotto riportato.

Il cordoglio dei comunisti italiani non può proprio dirlo (parlasse per lui soltanto), io da comunista italiana non provo e non esprimo cordoglio, e tanto meno politico, per Cossiga.

Scompare con Francesco Cossiga una delle figure piu’ eminenti della storia repubblicana.

Anticomunista convinto, ha pero’ sempre sinceramente rispettato i comunisti.

Il piu’ delle volte lo abbiamo avuto come avversario, ultimamente – per le bizzarrie della politica italiana della cosiddetta seconda repubblica, da Cossiga giustamente mai apprezzata – lo abbiamo avuto anche come alleato.

(…) È stato l’uomo (…) anche della nascita del primo governo a guida postcomunista, con i comunisti parte integrante.

Un bilancio si fara’ in seguito.

Ma guardandoci intorno desolati, lo ricordiamo con rimpianto, pensando ad una politica italiana repubblicana che oggi, nel basso impero imperante, evidentemente, non esiste piu’.

Alla famiglia, il cordoglio dei Comunisti italiani”.

17 agosto 2010

Non ci sono maiali a Ground Zero

silvanascricci

Erano il simbolo della forza e della potenza americana.

Sono stati colpite distrutte, con una forte intenzione politica e religiosa.

Ora saranno la terra in cui verrà costruita una moschea, un tempio a quello stesso dio nel nome del quale sono state distrutte, eppure Barak Obama non si è opposto a questo progetto nel paese più cristiano del mondo.

E non può farlo perchè la costituzione americana non lo permette e perchè non lo vuole.

La risposta di Obama è stata straordinaria poichè non ha detto, e poteva farlo, che nelle Torri lavoravano e sono morti molti islamici insieme a cattolici, ebrei ed indu, ha, invece, detto una cosa fortemente civica e assolutamente straordinaria: “questa è l’America come è stata pensata dai suoi padri fondatori, questa è la sua costituzione, questo è il suo presidente”.

Obama ha compiuto un gesto da politico che non si preoccupa se la sua decisione gli farà perdere dei voti nelle elezioni di medio termine, in novembre, ha compiuto un gesto di rispetto della costituzione e del suo paese senza pensare alla sua convenienza di medio termine.

Avrà, forse, pensato al libro di John Kennedy “Profili nel coraggio”, elogio dei pochi grandi leader della storia capaci di decisioni non volute dai cittadini.

E non è solo in questa decisione, altrettanto ha detto il sindaco, repubblicano, di New York.

I parenti delle vittime di Ground Zero hanno discusso, sono stati dissenzienti ma non hanno protestato; la destra estrema della Pallin ha veemente espresso il suo disaccordo, ha criticato il presidente ma nessuno ha portato i maiali nella zona dove dovrà sorgere la moschea.

Vuole Calderoli colmare l’evidente lacuna?

15 agosto 2010

L'estate sta finendo

silvanascricci

…e un anno se ne va.

Così cantavano i Righeira non so neppure bene quanti anni fa.

Ho sempre pensato che il vero inizio d’anno fosse settembre, si ricomincia a lavorare a pieno ritmo, ricominciano le scuole e la vita riprende il suo normale scorrere, fine delle giornate sonnolente quando il sole e l’afa danno sensazioni lisergiche.

L’estate non è la mia stagione prediletta, preferisco le stagioni intermedie piene di sfumature dai colori pastosi e polverosi, però la sua fine mi mette sempre un poco di malinconia; è l’arrivo di settembre “mese dei ripensamenti sugli anni e sull’età, che dopo l’estate porta il dono usato della perplessità. Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità.”

La paragono alla fine dell’infanzia, il periodo che, nella memoria, rimane come il più spensierato, quello pieno di possibilità, di sogni e di speranze; l’autunno prossimo avrà le esperienze della vita, i fardelli dell’età, le disillusioni della conoscenza.

Si vede eh che è ferragosto?, non ho niente da fare, ho letto tutti i libri in sospeso, mi fanno male i denti, non c’è un cane in città e mi annoio, mi annoio, mi annoio…..


13 agosto 2010

La paura delle primarie

silvanascricci

C’era una volta un neo partito, sorto dalle ceneri di uno più grande e glorioso, che aveva escogitato un modo per far partecipare i suoi elettori alla decisione di chi doveva candidarsi alla presidenza del consiglio, di una regione, di una città.

Si battezzava una giornata e tutto il popolo rosso (rosso? beh rosa antico) si incontrava nelle sedi, nei negozi, dai fruttivendoli, dai parrucchieri, insomma un po’ dapperttutto, per decidere o, almeno, incoronare il candidato.

Erano i tempi di Prodi, Veltroni, Bersani.

Era il PD.

Erano le primarie.

Adesso questo bel sistema partecipativo pare non si debba fare più; probabilmente hanno timore di competere sul serio, hanno paura che i simpatizzanti, i sostenitori, gli elettori sovvertano quello che è stato deciso nella segreteria di partito.

Dopo il paio di sberle rimediato dai candidati sponsorizzati da D’Alema, in Puglia, non se la sentono di porgere l’altra guancia e si arroccano sugli statuti.

Sbagliando.

Cosa può succedere se si accettano le primarie con le candidature dei vari Chiamparino, Vendola e De Magistris?

Non si disgregherà il partito più di quanto non lo sia già, non si vincerà meno di quanto si sia vinto finora; in compenso sapranno, per davvero, chi vogliamo come candidato e come leader.

I nostri rappresentanti sapranno quello che vogliamo e cerchiamo, ossia non un governo tecnico con Fini, Casini, Tremonti o, addirittura, e Dio non voglia, Montezemolo; non uno spostamento al centro (ricordiamoci che un elettore di sinistra vota per un ex DC, ma un elettore democristiano non voterà mai per un ex PCI per quanto moderato sia); non vogliamo perdere e disperdere tutti i voti a sinistra per non recuperarne neppure uno da altre parti; non vogliamo una politica ondivaga ed incerta, un giorno qua ed uno là.

Vogliamo un partito che abbia coraggio.

Vogliamo un partito che dica qualcosa di sinistra.

Vogliamo un partito che ci ascolti.

Faccio un appello alla Rosy Bindi, donna intelligente e seria: abbia coraggio, si fidi, ci faccia dire la nostra e ne sarà contenta.

In merito all’argomento leggete anche questo interessante articolo di Franco Bassi pubblicato qualche giorno fa dal Fatto Quotidiano.

10 agosto 2010

Se fossi leghista mi incazzerei

silvanascricci

Vorrei sapere che cosa pensa, nel profondo del suo cuore, un leghista, che cosa pensa di aver portato a casa da questo governo che sta per finire.

La madre di tutte le sue battaglie, il federalismo, è fermo al palo da tanto di quel tempo che quasi non si ricorda più, esattamente, che cosa significhi.

Sì avranno anche fatto la legge ma, ancora oggi e chissà per quanto tempo, mancano ancora i decreti applicativi (e dovevano farli lo scorso anno) e quindi è lettera morta e carta straccia.

L’altro cavallo di battaglia, la lotta alla clandestinità, latita; è vero che la televisione non dà più notizie di sbarchi di clandestini ma lo sa benissimo, guardandosi attorno, che continuano ad arrivare, e lui, duro e puro, rimane legato ai tiramenti del dittatore libico che apre e chiude le porte secondo il suo tornaconto personale e nazionale.

Chissà che cosa prova nell’intimo della sua psiche, mentre Maroni dichiara di lottare strenuamente contro la mafia, quando legge che l’odiata criminalità terrona si è insinuata, ha conquistato e la fa da padrona nella sua città d’elezione: Milano.

Chissà che cosa si smuove nel suo animo, pensando al suo programma, quando passa una legge sulla privatizzazione dell’acqua mentre leggeva nel sito padano le parole “l’acqua non può cedere alle logiche di mercato: è un bene comune e, come tale, va gestito pubblicamente”.

Chissà che cosa prova, nel profondo della sua indole, quando vede i suoi deputati sguazzare e bearsi nella Roma ladrona in cui si trovano benissimo; quando vede il suo partito fottere allegramente tutti i contadini delle valli e delle pianure che hanno sempre pagato le multe per le quote latte; quando si accorge che alle sue amate regioni non arriva un soldo dei tanti promessi.

Chissà cosa pensa quando è da solo nel suo lettino e non assieme agli altri nelle piazze.

Chissà a cosa pensa davvero, da diciotto anni a questa parte.

7 agosto 2010

Vade retro gay

“Non darei la comunione a Vendola perchè ostenta la sua condizione perversa e malata di omosessuale praticante.
A questa gente come lui, un gran furbacchione, che specula sulla sua presunta vicinanza alla chiesa, i vescovi e i sacerdoti sappiano dare un bel calcio nel sedere”.
“Se muore un gay certamente me ne dolgo e prego per lui, ma non posso celebrare una messa funebre per la sempliissima ragione che è morto senza pentimento, senza cambio di vita e da pubblico peccatore, pietra di scandalo”

Così parlò Vincenzo Franco, vescovo di Otranto.

State attenti ad alcuni punti di questo edificante discorso: “presunta vicinanza alla chiesa”, evidentemente il monsignore sa e conosce perfettamente, se pur da lontano seppure senza aver mai dialogato con Vendola, la sua anima, i suoi pensieri, i suoi sentimenti; “se muore un gay me ne dolgo”, cioè sì un poco mi dispiace ma è pur sempre uno di meno sulla faccia della terra; “pubblico peccatore, pietra dello scandalo”, fallo di nascosto, non dirlo a nessuno ed io, che pur sono gran conoscitore della tua anima e anche se conosco il tuo peccato, la comunione te la faccio fare lo stesso.

Si potrebbe osare un: “da che pulpito viene la predica…”, sì perchè in fondo questo monsignore, anche se magari non lui personalmente, appartiene ad una congrega in cui i gay pullulano e, cosa ben abberrante, ben frequentata da pedofili.

I quali (pedofili) non solo hanno ricevuto e ricevono la comunione ma l’hanno somministrata e la somministrano ai fedeli; questi commettono tutti i santissimi giorni, oltre al reato di pedofilia, il peccato sublime dell’ipocrisia.

Non hanno mai denunciato i preti che, per anni ed anni, hanno abusato di minori, e continuano a non denunciarli, ma si permettono di giudicare i comportamenti di Vendola come il male assoluto.

Non hanno aperto bocca sui comportamenti, certamente non aderenti alle norme cattoliche, del premier lasciandogli fare la comunione millanta volte, non hanno avuto nulla da ridire sul reiterato peccato del rubare pervicacemente commesso da questa classe dirigente ma a Vendola no, a Vendola non si deve perdonare nulla, a lui e a tutti quelli come lui nulla deve essere perdonato.

Trovo bizzarra questa doppia morale, a scartamento ridotto per alcuni, inflessibile e dura per altri.

Il diritto canonico, a cui fa appello il monsignore, è appunto diritto umano e non precetto divino, e come tale emendabile.

Questa chiesa talebana ed asservita al potere mi schifa e mi spaventa.

Sia presto aperta la caccia alle streghe e fiocchino le scomuniche.

Sto aspettando e, per natura, non sono paziente.

6 agosto 2010

Mamma li batteri!

silvanascricci

Ho visto, recentemente, una pubblicità che inneggiava all’uso di un prodotto disinfettante ed antisettico per ogni occasione e in ogni momento.

Sali sull’autobus e, per non cadere, ti aggrappi ai sostegni?

Entri in un negozio e tocchi la varia mercanzia per scegliere quello che fa al caso tuo?

Salutando dai la mano ad un conoscente o al tuo vicino di casa?

Dopo sparati il prodotto in questione sulle mani, strofinale fino ad arrossarle, disinfettati con cura.

Trovo che questo messaggio, oltre ad essere profondamente diseducativo perché ci pone nella condizione di recepire pericoli in qualunque attività umana, sia anche estremamente pericoloso.

Pericoloso e deleterio per la nostra salute e per quella incolumità dalle malattie da cui intendiamo ripararci.

Bisogna riscoprire, almeno in parte, il vecchio detto: quel che non ammazza, ingrassa.

Non voglio certo, con questo, tessere le lodi alla sporcizia, al fetore, al sudiciume quanto esortare ad una sana igiene che non sconfini nella mania e nella paranoia indotte a fini di mercato.

Disinfettarsi, utilizzare antisettici e sterilizzanti ha un effetto paradosso che si risolve con una maggiore vulnerabilità del nostro organismo verso tutto ciò da cui intendevamo proteggerlo.

L’utilizzo topico e sistematico di tali prodotti ottiene il risultato di eliminare o ridurre il film lipidico della pelle rendendola più esposta agli agenti patogeni.

Un comportamento similare e speculare si riscontra nell’utilizzo degli antibiotici.

Al primo segno di tosse, al primo raschiamento in gola, al primo starnuto, alla prima raucedine ricorriamo ai farmaci, agli antibiotici a largo spettro, senza neppure sapere da cosa siamo affetti.

Sì perché ai virus l’antibiotico gli fa il solletico.

Ditemi chi di voi, andando dal medico, per descrivere i sintomi si è sentito rispondere: facciamo prima un tampone faringeo, un’urinocoltura per verificare se l’infezione è batterica e conoscere a quale antibiotico il batterio è sensibile.

Eppure questo corretto atteggiamento porterebbe a risultati importanti e duraturi quali:

1) sensibile riduzione della spesa farmaceutica nostra e del paese

2) sensibile diminuzione della farmaco resistenza che, sempre più si sta verificando.

Perché sappiate, carissimi lettori, che stiamo correndo un fortissimo pericolo di cui nessun Vespa e Co. ci informa.

Siamo stati, e sempre di più saremo, bombardati da notizie allarmanti e terroristiche su influenze aviarie, maiale e variamente zoologiche ma nulla ci viene detto sul fatto che siamo sempre più a corto di molecole che possano curare una bronchite, una cistite, una polmonite, una tubercolosi od una peste.

Abbiamo fatto un tale smodato e sconsiderato uso di antibiotici, nel mondo, da renderli sempre più inefficaci; e, torno a dire, non abbiamo più, da anni, nuove molecole.

Per darvi un’ideuzza del pericolo che stiamo correndo vi cito un piccolo esempio.

C’era una volta lo Stafilococco Aureo che si poteva trovare sulla nostra cute, nel nostro apparato respiratorio od urinario e che, quando dava di matto, si poteva battere 5 a 0 con la vancomicina.

Ora non è più possibile.

Il bastardo, per colpa nostra, ha sviluppate resistenza alla vancomicina e per batterlo a fatica (diciamo 1 a 0 con gol in zona Cesarini) ci vuole un mix di farmaci.

A fronte di oltre 100 antibiotici oggi a disposizione dei clinici, ci sono già almeno tre specie batteriche che non reagiscono a nulla, e parecchie altre sembrano prossime al cento per cento di resistenza ai farmaci.

Il paradosso dell’antibiotico-resistenza è proprio questo: più antibiotici circolano e più velocemente i batteri riescono a selezionare i geni della resistenza. Specialmente, come purtroppo avviene spesso, se la cura viene interrotta prima del previsto ed il farmaco non ha avuto tempo per distruggere tutta la flora batterica.

Il risultato, in questi casi, è che a sopravvivere sono i batteri più resistenti alla medicina, le cui successive generazioni saranno dunque più forti.

E il furbissimo paziente ha fatto del suo corpo un efficiente allevamento di batteri resistenti all’antibiotico.

Pensiamoci seriamente.

Non facciamo, quindi, un uso sbagliato di antibiotici, non interrompiamo prima del dovuto la terapia e non assumiamolo senza motivo.

Non facciamoci condizionare dalla recente, stupidissima moda di saponi e detergenti con l’aggiunta di sostanze antibatteriche, quasi che i pavimenti e i mobili di casa debbano trasformarsi da un momento all’altro in sala operatoria, e la nostra pelle sia pronta per essere utilizzata come lettino operatorio.

Già da tempo, l’Organizzazione mondiale della Sanità lancia appelli in questo senso, sia a medici e farmacisti, responsabili di distribuire antibiotici con troppa facilità, magari cedendo ad ingiustificate pressioni dei pazienti, sia alla “gente comune”, che continua ad usare farmaci contro i batteri anche quando la malattia è causata da un virus, come l’influenza.

Per prevenire le complicazioni, si dice.

Ma chi preverrà il ritorno della tubercolosi?

5 agosto 2010

Fini meglio di Berlusconi, anche a letto

silvanascricci

Oggi su vari social network, su molti siti e blog “tira” la notizia, a dire il vero, un po’ vecchiotta che l’ictus del senatur sia derivata da una overdose di viagra.

Che così, in effetti, si spiega anche tutta la mania del celodurismo.

Quindi per restare in tema posto anche un altra notizia sul genere esitivo-gossiparo che riguarda Fini; da un recentissimo e serissimo sondaggio pare che le donne (sposate) indichino in Fini l’amante ideale con il 58% delle preferenze; mentre Berlusconi ottiene un miserrimo 3%.

Insomma il cavaliere, di questi tempi ha sempre Fini tra i piedi e, a quanto pare, anche tra le lenzuola.

Il primo classificato tra i leghisti è Maroni (nomen non omen, in questo caso) che si attesta sul 4%, degli altri esponenti di governo neppure l’ombra.

Pare che il governo non abbia la maggioranza neppure in questo campo.

In questo specifico campo l’opposizione batte, finalmente, un colpo con De Magistris al 19% ed il 16% di Vendola.

PD, come sempre, non pervenuto.

E’ grave se da donna sposata preferisco sempre Clooney?

4 agosto 2010

L'Italia ha bisogno della destra

silvanascricci

Credo che si sia capito perfettamente che sono una donna di sinistra, geneticamente di sinistra.

E, se non si fosse capito, lo dichiaro apertamente.

Eppure io sostengo che nel paese ci sia bisogno della destra, di una destra moderna, legalitaria, non peronista, non populista, nè tanto meno xenofoba.

Della destra esistente in tutti i paesi europei moderni.

Non so se Fini riuscirà nell’intento di smarcarsi completamente dal cavaliere, se riuscirà a creare un moderno partito che seppelisca per sempre il fascismo, le sue nostalgie ed i suoi rigurgidi.

Certo non mi preoccuperebbe un governo guidato da un ex (purchè sia convintamente tale) fascista; certo non riuscirebbe a far peggio di ciò che ha propinato a questo paese Silvio Berlusconi ed alcuni suoi accoliti negli anni: affari decisamente poco chiari, padronati e padrinati, corruzione, scandali, puttanate e, soprattutto, l’annullamento di una coscienza civica e civile.

Una destra come la immagino non solo farebbe bene al paese, farebbe bene anche alla sinistra.

2 agosto 2010

2 agosto 1980 – Angela Fresu, tre anni per sempre

angelafresu

Quest’anno per ricordare la strage alla stazione di Bologna, per ricordare 85 morti, per ricordare centinaia di feriti, per ricordare la mia città ferita che in quell’occasione perse, per sempre, la sua innocenza non scriverò nulla di mio, nulla di personale come avevo fatto gli anni passati.

Voglio, invece, riportare questo post di RossiOrizzonti dedicato ad Angela Fresu che avrà tre anni per sempre e di cui non fu ritrovato il più piccolo frammento della sua esistenza.

Angela Fresu avrebbe oggi appena trentatre anni.
Forse Angela sarebbe alla vigilia del suo matrimonio, forse sarebbe innamoratissima di un ragazzo conosciuto all’università, forse sarebbe in vacanza, in questo momento, in un isola del Mediterraneo, vacanza meritata dopo undici mesi di lavoro in fabbrica e la fine di un amore.
Forse avrebbe un ricordo vago di quel viaggio in treno con la sua mamma, quando aveva appena tre anni, e le case scorrevano via tanto veloci, e lei le salutava con la manina, e la mamma aveva tirato fuori dalla borsa la bottiglia dell’aranciata, e lei aveva bevuto e l’andare sconnesso del treno le aveva fatto cadere qualche goccia della bibita sul vestitino nuovo, comprato apposta per le vacanze, e allora lei si era messa a piangere, ma poi si era addormentata, e quando si era svegliata il viaggio era già finito. Forse si ricorderebbe di quel primo viaggio, e ogni tanto ne parlerebbe con sua madre, Ti ricordi, le direbbe, ti ricordi quella volta che siamo andate in vacanza sul lago?
Ma non c’è stato nessun viaggio, per la piccola Angela. La vita le è stata sottratta ancora prima che il viaggio iniziasse.
Ha volato, Angela.
Il suo corpo è saltato in aria nella sala di aspetto della stazione di Bologna il 2 agosto 1980.

1 agosto 2010

Fischi? allora ti arrangi

Volevo aspettare domani e scrivere, come ogni anno, un solo post sulla strage fascista alla stazione di Bologna (cosa che comunque domani farò), ma non ci sono riuscita.

Stamattina con le notizie dei giornali mi è montata nuovamente la rabbia (che già aveva fatto capolino ieri) leggendo le dichiarazioni di alcuni esponenti dello stato sull’assenza di ministri alla commemorazione.

Soprattutto quella di La Russa: “Vi siete già risposti, tutti gli anni fischiate il ministro, quindi che cosa vi aspettavate? Fatevela tra di voi la vostra commemorazione!”

Ci sono, a mio avviso, due importanti rivelazioni in questa dichiarazione.

La prima è che il dissenso, la contestazione, il pensiero diverso non sono graditi a questo governo e ai loro rappresentanti (e questa era, obbiettivamente, cosa già nota); tra l’altro proprio quest’anno che era stato deciso di far parlare un ministro nella sede del comune, proprio per evitare che sentissero i fischi di una popolazione dissenziente.

La seconda, più importante, è che il ricordo di chi è morto innocente per mano di stragisti e di membri, deviati, dello stato è “cosa nostra”, come cosa nostra sono le commemorazioni di Falcone e Borsellino (anche lì, nessun rappresentante dello stato); insomma il mantenimento della memoria, il ricordo della storia sono cosa della società civile, della popolazione sana, cosa a cui loro non hannonessuna intenzione di partecipare.

Credo che oltre a questo ci sia anche la paura, o forse l’imbarazzo, di dover dare risposte sugli indennizzi ai parenti delle vittime e ai feriti; perchè lo stato, e negli anni, neppure questo ha fatto; e ci sia anche il tentativo di disconoscimento della verità giudiziale della strage, una delle poche che sia arrivata a termine, fino alla cassazione.