12 settembre 2010

Gita fuori porta

Che mister B. desse il meglio si sè nelle missioni internazionali, era cosa nota.

Appena varca la cinta daziaria, forse perchè sprovvisto di Gianni Letta e delle altre badanti che hanno il compito di sedarlo nelle circostanze ad alto rischio, esce al naturale.

Ma l’idea di andare a Mosca per rammentare davanti agli ex comunisti sovietici Putin e Medvedev i finanziamenti occulti dei comunisti sovietici al PCI, ecco, quella non gli era ancora venuta.

Quando poi il nostro ha attaccato la geremiade contro Fini e le toghe rosse, le delegazioni giunte da tutto il mondo han preso a picchiare sugli auricolari della traduzione simultanea, pensando ad un’interferenza in cuffia.

Invece era proprio lui che, tanto per cambiare, badava ai cazzi suoi.

Così la sua collezione di trionfi mondiali s’è arricchita di un altro capitolo memorabile.

Anche perchè negli altri paesi il ricambio della classe politica è così rapido che, a ogni vertice internazionale, c’è sempre qualcuno appena arrivato che non conosce ancora Mr B.

Dunque, si meraviglia.

Ma lui, va detto, è sempre lui.

Il fine diplomatico che salutò l’elezione di Obama dandogli dell’abbronzato e definì clown il presidente Chirac.

L’elegantone che, al G8 di Caceres, si levò le scarpe davanti a tutti e fece le corna alle spalle di un ministro francese.

Il gentiluomo che, inaugurando nel 2003 la presidenza italiana della UE, apostrofò il socialista Shulz: “Girano un film sui lager nazisti, la proporrò per il ruolo di kapò”.

Il poliglotta che salutò i ministri delle finanze a Bruxelles a nome di Ciampi in perfetto inglese: “I give you the salutation of my president oh the Republic”.

Il cosmopolita che, atterrato in Estonia, elogiò le bellezze dell’”Estuania”.

Il vero signore che, ricevendo a Roma il premier danese Rasmussen, si complimentò: “Lei è molto più bello di Cacciari, la presenterò a mia moglie, eh eh…”.

Il latrin lover che si fece conoscere anche in Finlandia: “Per portare a Parma anzichè a Helsinki l’agenzia europea dell’alimentazione ho dovuto rispolverare le mie doti di play boy e fare la corte alla presidente Tarija Halonen”.

La poveretta fu crocifissa dall’opposizione, scandalizzata all’idea che la presidente avesse ceduto un’istituzione all’Italia dopo una storia d’amore con un tipo del genere.

Lei tentò di spiegare il livello di attendibilità del nostro premier agli ignari connazionali.

Lui intanto rimediava alla gaffe peggiorandola: prima ironizzava sulle specialità gastronomiche finlandesi (“mangiano prosciutto di renna affumicata”), provocando l’embargo delle importazioni alimentari italiane in Finlandia; poi mostrava una gigantografia della Halonen a una convention forzista: “Ma davvero pensate che io abbia fatto la corte a una con quella faccia?”.

Poi sistemò anche la Turchia: invitato alle nozze del figlio del presidente Erdogan, tentò di dare una toccatina alla sposa tutta fasciata di veli e, per il rito islamico, assolutamente inavvicinabile.

Subito dopo, in piena tempesta ormonale, fece arrossire il premier tedesco Schroder: “Parliamo di donne: tu te ne intendi, ne hai cambiate tante, eh eh”.

Resta però ineguagliata la performance del Cavaliere di Hardcore allo stabilimento Merloni in Russia, dove nel 2004 tentò di trascinare l’amico Putin in un concorso di bellezza improvvisato fra le operaie della fabbrica, dandogli di gomito: “Voglio baciare la lavoratrice più bella”.

Il cronista del Kommerstan riferì allibito: “Il premier italiano aveva già individuato la sua vittima. Si è avvicinato ad una donna grande come la Sardegna e con tutto il corpo ha fatto il gesto tipico dei teppisti che importunano ragazze negli androni bui. Lei s’è scansata, ma il signor Berlusconi in passato deve aver fatto esperienza con donne anche più rapide: con due salti ha raggiunto la ragazza e ha iniziato spudoratamente a baciarla in faccia. Poi l’ha scossa ridendo, quasi volesse buttarla a terra. L’unica cosa che la donna ha potuto fare è stato rifiutarsi di ricambiare i baci. Putin assisteva alla scena immobile e gelido”.

Poi gli regalò un lettone matrimoniale, formato extralarge.

(Marco Travaglio – da “Il fatto quotidiano”).

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Tutti siamo a conoscenza, più o meno, delle travagliate esperienze estere del nostro presidente del consiglio; ci ricordiamo proprio tutti la performance di Berlu a Strasburgo mentre Fini si metteva le mani nei capelli, disperato e perplesso (e già allora, caro Gianfranco, avresti dovuto ben capire con chi avevi a che fare), ma vederle così, in fila, una dietro all’altra, fanno davvero ancora più impressione e tanta, ma tanta, più rabbia.

11 settembre 2010

Cari americani ci avete tradito

Cari Americani, ve lo voglio dire proprio oggi, 11 settembre, nella giornata di commemorazione mondiale dei vostri morti, quei morti che solo quando sono vostri hanno diritto al cordoglio universale, ci avete tradito.

Avete tradito le speranze di noi europei, che ormai vecchi e stanchi di governare il mondo, vi abbiamo ceduto il trono pensando che voi, giovani, belli, sani e forti avreste fatto meglio di noi.

Che voi, che non avevate le scarpe incrostate dalla polvere della storia, non avreste avuto i nostri odi, le nostre ferocie; avreste lasciato impronte nuove sui nostri pensieri e sui nostri dubbi, avreste governato il mondo con saggezza, con la spensierata umanità della gioventù, con il piacere di stare con gli altri, con la confusione delle razze, voi che di tutte le razze siete composti.

Ci siamo sbagliati.

Abbiamo scoperto che siete peggio di noi, che la sete di potere vi ha reso ancora più feroci di noi, ancora più prepotenti, ancora più despoti di quanto lo siamo stati noi, in tutta la nostra storia.

Almeno noi non abbiamo avuto ipocrisie, non abbiamo invaso, distrutto, ammazzato nel nome della democrazia; noi abbiamo invaso, distrutto, rubato, stuprato e ammazzato nel nome del potere, del governo, della vendetta.

Ci siamo sbagliati, vi abbiamo lasciato il mondo perchè lo rendeste migliori e voi lo avete trattato come un giocattolo da rompere e di cui non sapete più rimontare i pezzi.

Allora è venuto il momento di riprenderci ciò che via abbiamo lasciato, di provare a rimettere insieme i pezzi di ciò che avete distrutto.

Lasciate che vi spieghiamo una cosa, noi che siamo così ricchi così poveri, noi che abbiamo attraversato la storia.

E’ bellissimo anche essere stanchi e tristi, quando si sa piangere insieme a tutti gli altri, non soltanto a quelli che ci sono simili, non soltanto a quelli che consideriamo noi.

Illumineremo le lacrime di tutti, le esibiremo come una corona di cui non avere vergogna perchè solo gli uomini e gli eroi sanno piangere.

La grande ravanata

silvanascricci

Fateci caso, esiste un nuovo contagio da cui, forse, vale la pena correre ai ripari.

Un po’ dappertutto, per strada, in moto, ai tavolini di un bar o di un ristorante è nata, da qualche tempo, una nuova categoria di persone che non stanno evidentemente bene e vengono prese da raptus tremendi.

Basta osservare.

Possono essere chiunque, babbi, nonne, signore, zii.

La malattia già identificata dagli esperti, si chiama: Grande Ravanata.

Funziona così: stai parlando con qualcuno, oppure stai guardando uno che cammina o è seduto accanto a te su una sedia, o è al semaforo su un motorino e vedi che, improvvisamente, costui ha uno scatto, un fremito e comincia a toccarsi.

Addosso, nella camicia, nel petto, nei pantaloni, davanti, dietro.

Lo fa in maniera convulsa, frenetica.

Si tasta il sedere, da una parte, dall’altra; il suo sguardo è sbarrato, il suo panico è evidente, le sue mani si muovono in maniera inconsulta, come in una crisi spastica, infilandosi nelle tasche delle camicie e dei pantaloni.

Intano, in lontananza, se tendi l’orecchio, avverti un motivetto, quasi sempre schiocchissimo, a volte il cocodè di una gallina, altre i topini di Cenerentola, a volte anche solo un brusio, un ronzio intermittente come una scarica elettrica soffocata.

La crisi può durare dai venti ai trenta secondi, ma si racconta di gente alla quale è durata di più ed è stata usata, alla fine, una camicia di forza.

Le mani, che toccano il corpo in quel modo convulso, vanno poi, nella seconda fase della crisi, a frugare dentro borse, indumenti appesi a una sedia, borselli.

E’ un movimento malato, ossessivo, come quello di un ladro che deve fare in fretta per trovare la refurtiva.

Non c’è distinzione tra uomini e donne.

Per la verità le donne si toccano meno freneticamente, il loro è quasi sempre un “ravanare” nella borsa (di qui il nome: grande ravanata) dalla quale proviene un tintinnio di chiavi, di carte; a volte fuoriescono pennelli, batufoli e matrioske di trousse.

Di solito la persona che sta accanto a chi ha la crisi si impressiona a vedere quegli scatti e chiede: “cosa c’è?”; la vittima di solito non risponde, ma prosegue come in trance agonistica il proprio tastarsi e frugare.

Poi alla fine estrae, da qualche parte, il marchingegno fatidico, nella fattispecie un cellulare, preme un tasto in maniera scomposta, avvicina il telefono all’orecchio e quasi sempre un attimo dopo sbotta con esclamazioni classiche tipo: “eh se, buonanotte!”; oppure: “ma vaffanc…”.

Oppure, in lingua indigena: “mo va a fèr dal pugnàtt”. Sentita anche, a commento del fatto che dall’altra parte del telefono non ci fosse pià nessuno, l’esclamazione: “tò surèla”; cioè “tua sorella”, che è un’interiezioni usata già in passato e lanciata a livello internazionale da Materazzi nella finale mondiale 2006.

Un altro sintomo importante di quella crisi spastica è il commento-borbottio vocale che la persona in preda alla crisi spesso pronuncia.

E’ una serie di insulti a terzi, ingiurie pesantissime, nomi, offese: “cat vegna un azidant a te, to mèdar, to pèdar, to nòn…”, eccetera.

Il male è, praticamente, incurabile e ha alcuni risvolti ancora più tristi e tragici tipo quelle persone che, nonostante la soneria si sia messa in azione da cinque minuti, rimangono immobili, attoniti, basiti.

Il motivo è semplice: i figli gliel’avevano precedentemente chiambata e non la riconoscono.

Quindi la ignorano e il loro sguardo è catatonico.

C’è allora il pietoso amico o parente seduto accanto che dice: “oh, guarda che ti sta suonando il telefono!” e lì, allora, c’è lo scatto inconsulto, gli occhi si sbarrano nel terrore, i nervi si mettono in moto e parte, implacabile, la Grande Ravanata.

Gli esperti dicono che dalla grande ravanata non si guarisce; e che può solo peggiorare.

Si parla di calmanti speciali che sarebbero allo studio, ma ancora niente di concreto.

Bzzzzzzzzzzzz. Scusate un attimo…

9 settembre 2010

C'era una volta... e adesso non c'è più

silvanascricci

Una volta sì che sapevano come allevare i bambini.

Non se la stavano a tirare con l’ottimismo, con la positività, con il lieto fine a tutti i costi; così i pargoli già da piccoli sapevano che la vita ha alti e bassi, che i bassi sono, mediamente, più degli alti e che, per quanto ti impicchi, non sempre le cose vanno a finire bene.

Lo insegnavano nel più classico dei modi, esattamente come oggi noi diciamo ai nostri la bella favola che se ti impegni, se sei bravo la meritocrazia ti premierà SEMPRE, cioè con le fiabe.

Oggi, tempo di revisionismo su qualsiasi cosa, abbiamo rivisto anche il finale delle fiabe togliendo ciò che di più autentico vi fosse ossia lche le fiabe presentano materiali e situazioni della psiche inconscia collettiva, senza escludere anche gli aspetti dolorosi e conturbanti della vita semplificando tutto in una divisione banale e irreale del mondo in buoni e cattivi

Ed è proprio su questa loro completezza e autenticità che si basa il loro carattere educativo.

Qui di seguito l’esempio della trasformazione subita da alcune delle fiabe più famose:

IL PIFFERAIO MAGICO – Il pifferaio magico entra in una città è riesce a liberarla da tutti i topi con l’aiuto della sua musica. Quando però gli abitanti si rifiutano di pagarlo, minaccia di fare sparire tutti i bambini. In un primo momento mette in atto il suo piano e raduna i ragazzini in una grotta. Ma quando i cittadini accettano di pagarlo, il pifferaio magico libera i bambini. Nella versione originale al contrario il pifferaio per vendetta annega tutti i bambini.

CAPPUCCETTO ROSSO – Sappiamo tutti che Cappuccetto rosso è liberato da un tagliaboschi che da solo riesce a uccidere il lupo. Ma nella fiaba originale Cappuccetto rosso è mangiato dal lupo a cui nessuno apre la pancia.

LA SIRENETTA – Nel cartone animato Ariel si trasforma in una persona umana e rinuncia alla sua coda per sposare Eric e il loro matrimonio è letteralmente da favola. Ma in realtà nella versione originale Ariel cade in depressione dopo che il Principe si sposa con una bella principessa. Qualcuno le dà un pugnale con cui Ariel intende uccidere il Principe, ma siccome non ha la forza per farlo, disperata si butta in acqua. Si trasforma così in schiuma e muore.

BIANCANEVE – Nella versione moderna la Regina chiede il cuore di Biancaneve, che il cacciatore dovrà consegnarle dopo averla uccisa. Molto più cruenta la fiaba originale in cui la Regina chiede i suoi polmoni e il suo fegato, con il scopo di mangiarseli per cena.

LA BELLA E LA BESTIA – La Bella cade addormentata per cento anni in seguito a una maledizione scagliata su di lei e il principe la risveglia baciandola. Ma nella versione originale la giovane dama è violentata dal re, dà alla luce due bambini e cade in coma per non risvegliarsi più.

HANSEL E GRETEL – Invece di una strega la versione originale rappresenta un diavolo che vuole mangiare i due bambini, dopo averli fatti morire dissanguati.

CENERENTOLA – Nella fiaba più antica, le due sorellastre vogliono ingannare il principe e quindi si tagliano una parte dei piedi. Il principe le scopre e ordina che alcuni piccioni cavino loro gli occhi con il becco.

La caduta degli dei

silvanascricci

Marina, selvaggia bellezza a cavallo di una tecnologica moto d’acqua, ricorda Galatea, la più bella delle Nereidi.

Pier Silvio, un semidio invidiato dagli umani e temuto dagli dei, come Achille, eroe greco.

Poveri eroi, poveri miti che brutta fine, essere così tanto caduti nella polvere da essere assimilati a mortali, seppur non tanto comuni.

Che siano Marina e PierSilvio parenti non v’è dubbio, sarà per questo che “Chi” utilizza proprio queste due figure per sanitificare l’ascesa al cielo, potendo considerare, alla larga, anche Galatea ed Achille parenti essendo, quest’ultimo, figlio della nereide Teti.

Quello, altrettanto certo, è che “Chi” non teme il ridicolo e non teme, neppure, ardire nei confronti.

A me, sinceramente, viene proprio da ridere, e non piangere attenzione, ma proprio da ridere perchè quando si eleva troppo il paragone e quando si è così spudoratamente leccanti si cade nella farsa e nel ridicolo.

Neppure Mussolini, che era Mussolini, ha mai avuto cortigiani così tanto stupidi e, alla fin fine, irriverenti nei suoi confronti.

Sto anche aspettando la terza puntata per sapere a quale figura eroica, storica o mitologica verrà paragonato Silvio in persona, io qualche ideuzza l’avrei ma potete, anche voi, suggerirmi accattivanti e suggestive figure.

Unica cosa chiedo: che mai e poi mai Silvio o qualcuno del suo parentato venga paragonato ad Alessandro Magno, mio amore storico, perchè allora qui m’incazzo di brutto, sul serio e faccio la rivoluzione.

7 settembre 2010

Il senso di Vespa per le tette

silvanascricci

Visualizzate la scena, please.

Velluti rossi della Fenice di Venezia, signore in abito lungo e signori in elegante smoking, l’architettura magica di Venezia che vi attende.

Sul palco si erge una presentatrice, che so la Clerici ad esempio, che invita lo scrittore, bravo e belloccio, a ritirare il premio per la sua meravigliosa opera letteraria e mentre l’emozionato ragazzo sale le scale, la brava presentatrice dice: “Ecco il vincitore e prego la regia di inquadrare la strepitosa patta dei calzoni ed il suo invidiabile pacco”.

Sguardi furtivi tra i convenuti, bisbigli tra le file della platea, rumoreggiare in sala, e forse, financo qualche fischio, verso la presentatrice rea di cotanta volgarità e sfacciataggine.

Ebbene è quello che è successo l’altra sera a Venezia durante la premiazione del Campiello.

Ovviamente a parti invertite.

Vespa che nel presentare l’autrice del libro “Acciaio”, ha introdotto l’autrice, Silvia Avallone, invitando la regia ad inquadrare ed il pubblico ad ammirare lo “splendido decoltè”.

Ovvio che gli occhi di tutti sono andati sul seno dell’autrice, esattamente come sarebbero andati sulla patta del ragazzo del caso di prima.

Vespa è soltanto l’ultimo esempio, l’ultimo esemplare maschio a comportarsi così; è l’ennesima riprova che, non importa il contesto, non importa la bravura, non importa la collocazione dell’evento, le donne sono solo carne da macello, solo pezzi da esposizione, solo parcelizzazioni di essere da fruire e godere.

Ah, naturalmente siamo noi donne che non sappiamo apprezzare un complimento, una galanteria.

Ovvio.

Occasione persa

A mio parere Giorgio Napolitano ha perso un’ulteriore occasione per tacere.

Sto parlando dell’alzata di scudi fatta dal presidente della Repubblica in occasione della contestazione a Schifani alla festa dell’Unità (oddio festa dell’Unità…) di Torino.

Ma la contestazione è “violenza ed intolleranza”, è “una patologia sociale che rischia di travolgere i fondamenti della vita civile” solo quando è rivolta a persone rappresentanti del PDL?

Perchè non si è sentita parola, dal presidente della repubblica e dai tanti giornalisti che in questi giorni si sono inalberati, quando Prodi venne fischiato, nel 2006 al motorshow di Bologna (e forse erano pure fischi leggermente prezzolati), o quando Fausto Bertinotti venne sonoramente fischiato alla Sapienza di Roma, nel 2007?

Perchè i vari Pigi Battista non inveirono con le loro parole quando Calderoli diede, appunto nell’occasione del motorshow, del caca sotto a Prodi, quando Schifani, allora capogruppo del PDL al senato, chiamò sette senatori a vita “venduti” e “necrofori” e lo stesso Schifani, da quel signore che è, diede della ladra a Rita Levi Montalcini?

Anzi, si disse allora, giustamente, che i fischi esprimevano il dissenso popolare, il calo di consensi del governo, che il popolo ha il diritto di manifestare anche rumorosamente e con cartelli e striscioni la sua insoddisfazione.

Facendo un salto di qualche migliaio di chilometri andiamo a verificare ciò che è accaduto in Irlanda a Tony Blair, ex primo ministro britannico per molti anni, alla presentazione di una sua autobiografia.

Sabato, Tony, è stato accolto a Dublino a suon di “assassino” e con lanci di uova e di scarpe.

Ebbene non mi risulta, ma nel caso ditemelo, che il capo di stato del Regno Unito, sua maestà Elisabetta II, il presidente della repubblica irlandese, o il primo ministro Cameron abbiano stigmatizzato l’episodio come “intimidatoria gazzara” o che lo abbiano interpretato come “segno dell’allarmante degenerazione che caratterizza i comportamenti di gruppi, sia pur minoritari, incapaci di rispettare il principio del libero confronto”.

D’altronde neppure i giornali hanno levato strali al cielo, strappandosi i capelli per condannare, senza condizioni, senza se e senza ma, questo incivile ed indegno comportamento irlandese.

Anzi, “The Indipendent” in un articolo ha scritto che il viaggio di promozione del libro di Tony Blair ha compreso presenze in televisione, passaggi radiofonici e “of course, an entourage of protesters”.

Cioè le proteste sono viste of course; naturali, fisiologiche, senza scandali e senza dietrologie.

Ma c’è anche da dire, che nei paesi anglosassoni ed in tutti i normali paesi europei, le vicende che hanno portato alla contestazioni di Schifani sarebbero state raccontate già da tempo dai giornali, fossero essi di destra come di sinistra, magari già da tempo e Schifani, in quei paesi, non sarebbe mai diventato la seconda carica dello stato.

5 settembre 2010

Il discorso di Mirabello

La cosa più rilevante del discorso di Fini a Mirabello?

Gli occhiali al titanio di Bocchino si notano meno di quelli di Fini.

Feltri vede travi negli occhi di Fini,

ma non vede pagliuzze negli occhi di Schifani.

Più Spatuzza che pagliuzza.

4 settembre 2010

Le vacanze di Fido, una vera e propria vita da cani

silvanascricci

“L’ho trovato dimagrito, sai lui mangia solo filetto e non so mica se gliel’anno dato quelli là”.

Il soggetto del dimagrimento è un cane.

Lo capisci dopo perchè all’inizio, captando il discorso, sentivi che parlavano di un certo Aldo.

Aldo è uno dei tanti cani che sono stati parcheggiati in questo cliniche speciali, in queste case di riposo per animali per permettere ai padroni di andare in vacanza. E siccome i nostri animali domestici, cani, gatti, conigli eccetera mangiano chi solo filetto, chi solo ostriche dei Caraibi, chi solo polpettine di manzo di una precisa regione dell’Argentina e via di questo passo, ecco il trauma è affidarli a qualcuno e, successivamente, andarli a prendere al ritorno dalle vacanze.

Anche perchè quelli che tengonoin custodia i cani ovviamente, alle richieste “il mio cane mangia solo questo, mangia solo quello” annuiscono con grande serietà ma sotto sotto fanno una fatica “cane” a trattenere un’irrefrenabile risata.

Poi di solito fanno così: gli buttano un tozzo di pane per due o tre giorni durante i quali il cane si rifiuta segnosamente di mangiare, ma al quarto giorno, alla vista del tozzo di pane fa dei salti alti due metri dalla felicità.

E quando i padroni del cane tornano e chiedono “allora tutto bene?” l’albergatore canino risponde: “tutto benissimo”.

Infatti i filetti se li è mangiati lui, gratis.

Alla fine dei conti cani, gatti, conigli e altre specie tornano quasi sempre felicemente in famiglia a fine agosto.

Diverso è il discorso sui criceti, simpatico topo che andava molto di moda negli anni 70 e che ancora comunque alberga sovente nelle camerette di ragazzini o ragazzine d’animo dolce.

Se ci fate caso il criceto di solito non passa l’estate.

E si raccontano sui criceti ogni volta storie tragiche, drammatiche e ai confini del raccapricciante.

Non cìè un criceto che sia stato mai trovato vivo e sano. Va sempre a finire malissimo.

Nel mondo dei criceti non esiste il lieto fine e, se ci fate caso, non muoiono mai di morte naturale.

I racconti sulla fine dei criceti di solito sono di questo tipo (chiameremo per comodità il criceto Agostino):

1 – Agostino è uscito dalla gabbia, è entrato in un buco che c’è in cucina, si è infilato nella grondaia, è piovuto forte e l’acqua l’ha portato al centro della terra.

2 – E’ venuta la donna delle pulizie e a un certo punto ha suonato il postino, lei ha spento l’aspirapolvere e si è allontanata, Agostino, siccome c’era la gabbia aperta, ha cominciato a correre, è saltato sull’aspirapolvere riaccendendolo ed è stato aspirato dal tubo.

3 – Agostino ha toccato un filo elettrico scoperto degli operai che stanno facendo i lavori e dicono che si è vistolo scheletro illuminato per un momento. Stecchito.

4 – La signora che viene a dargli da mangiare ha aperto la gabbia, lui è scappato, è andato in terrazza, è caduto nella terrazza di sotto dove c’è un molosso che l’ha preso in bocca e l’ha sbattuto lontano, lui è finito nel camion del rusco (rifiuti, per i non bolognesi. ndr) che passava di sotto, il camion ha avuto un incidente e si è ribaltato, Agostino è volato fuori, è finito sul piatto di un tavolo in un ristorante all’aperto, la donna che stava mangiando ha urlato di paura e Agostino è morto d’infarto.

5 – E’ sparito Agostino. L’abbiamo cercato dappertutto ma non l’abbiamo più trovato. Per la verità ieri alle cinque, però, uscendo, abbiamo notato che il portiere del palazzo squittiva.

6 – (questa è successa veramente alla mamma di un mio amico a fare la spesa). “Signora come sta Agostino?” “Eeeeeh, una tragedia signora stia buona, poverino, deve sapere che è uscito dalla scatola stamattina, è andato sul davanzale, ha fatto tutto il cornicione (intanto l’altra signora la guarda allibita), è entrato nel buco della grondaia ed è finito nelle fogne”. E la signora sempre più attonita con gli occhi stralunati: “Agostino? ma Agostino… Raggi?”.

In realtà aveva chiesto come stava Agostino Raggi, anziano parente della signora, che era in ospedale.

Vincere facile

Il pontefice ha esortato a cercare Dio e non il posto fisso.

Trovare il primo è difficile, trovare il secondo è impossibile.

Al papa piace vincere facile.

3 settembre 2010

Non ancor contenti

silvanascricci

Il tubino nero è sempre di moda e non può mancare in nessun armadio femminile, così anche le pestilenze e le pandemie (variamente zoologiche) non tramontano mai e sono sempre presenti nelle menti degli scienziati, virologi, biologi catastrofisti.

Nonostante l’influenza H1N1, altrimenti detta suina o maiala, si sia rivelata una bufala mondiale che ci è costata centinai di milioni di euro in vaccini, nonostante l’OMS (con notevole ritardo e con grandiosi conflitti di interessi di alcuni suoi rappresentanti) l’abbia tolta dalle emergenze sanitarie, sono tornati alla carica.

Si sta già dicendo in giro, che quest’anno l’influenza (ben tre ceppi allo stesso prezzo di una) anticiperà i tempi arrivando tra la fine di settembre ed i primi di ottobre, anche se raggiungerà il picco di malati, rispettando la tradizione e le buone maniere, sotto Natale.

Ma c’è chi come Pregliasco, rimanendo in linea con gli allarmismi degli ultimi anni, non è affatto ottimista trovando forti analogie tra la suina del 2010 e la spagnola del 1918.

Quindi il ministero della salute sempre pronto ed attento ha anticipato la campagna vaccinazioni ad ottobre; quanto spenderemo quest’anno in vaccini farlocchi e poco sperimentati? e quanto ci costerà la cinica abitudine a notiziole di catastrofi se e quando una vera pandemia arriverà?

La questione non è messa a budget, ma si accettano scommesse.

2 settembre 2010

Botta e risposta

Riprendo dal blog di Don Barbero la lettera di una ragazza lesbica e la relativa risposta.

Lascio a voi giudicare la differenza di posizione con papa Ratzinger

Lettera

Buongiorno,
il mio nome è Luigia, ho 17 anni e sono lesbica.
Le scrivo oggi nella speranza che lei mi aiuti a ritrovare la mia fede, che ormai ho perduto da tre anni.
Quando ho confessato al mio prete di essermi innamorata di una ragazza, mi sono sentita dire che ero malata. Che dovevo curarmi. Che ero una peccatrice. È stato orribile. In pratica, mi era stato sputato in faccia che Dio mi disprezzava.
Quel giorno ho smesso di credere. Se davvero Dio mi odiava, perché io dovevo amare lui?
Sa, io la rispetto enormemente. Leggere ciò che lei scrive ed ascoltare sue interviste mi hanno fatto tornare la voglia di credere,
ma non ci riesco. Non più. Perché, se ci fosse, permetterebbe la diffusione nel mondo di tanto odio, ingiustizia, corruzione, intolleranza, violenza?
Inoltre, originariamente la religione era nata per spiegare ciò che non si capiva. Ora che la scienza ha fornito una spiegazione praticamente a tutto, come faccio a credere?

Risposta

Carissima Luigia di Roma,
a volte per incontrare Dio bisogna allontanarsi da certi preti ignoranti, rozzi, incapaci di ascoltare e rispettare.
Purtroppo questi preti sono le prime vittime di una chiesa gerarchica dove regnano il denaro, la corruzione, le regole oppressive e il pregiudizio. Il Vaticano è pieno di gay nascosti e repressi e così ipocritamente scaricano le loro frustrazioni su tutti gli omosessuali onesti che, come te, vorrebbero vivere secondo la loro natura, sana ed affettiva. Spero che tu sia riuscita a capire
che il problema non è essere lesbica; il problema è il pregiudizio di chi non capisce.
Vivi a testa alta, in pace con te stessa, con i tuoi sentimenti e le tue emozioni, la tua realtà di donna lesbica. Dio è un continente diverso dal Vaticano e Gesù ci ha parlato di un Dio accogliente.
Cara Luigia, anch’io spesso mi dico che Dio dovrebbe “fare pulizia” di certi dominatori, tiranni, violentatori, guerrafondai e razzisti. Ma noi non siamo delle marionette. Dio affida a noi la responsabilità di gestire il tempo in cui viviamo. Perchè Dio
non ha fermato la mano di chi ha crocifisso Gesù? La tua domanda non avrà mai una risposta che davvero risolva ogni dubbio. Il libro biblico di Giobbe e il libro dei Salmi si pongono lo stesso interrogativo di Gesù sulla croce: Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato? Purtroppo la maggior parte dei mali ha cause e responsabilità precise e noi le addebitiamo a Dio. Io penso che il
primo passo sia la nostra assunzione di responsabilità. Se al governo abbiamo un delinquente, non è Dio che ce lo manda, è il popolo italiano che lo ha votato.
Se a Roma c’è un papa razzista, c’è pur qualcuno che lo ha eletto.
Forse, in molti aspetti, è vero che la religione aveva anche in passato la funzione di spiegare ciò che non si capiva, ma per fortuna ora la scienza sa spiegare tante cose. Purtroppo sono ancora tantissime, numerosissime le questioni che la scienza non sa nè spiegare nè affrontare nè risolvere. Io mi occupo molto della sofferenza psichica (diffusa nel mondo come e più della fame) e ti dirò che la scienza è ancora alle prime armi. Non ha assolutamente spiegato e risolto, purtroppo.
La fede non ha lo scopo di spiegare la realtà, ma di offrire un orizzonte di senso, di far scoprire la nascosta presenza di Dio nel nostro vivere, un Dio che “gioca a farsi cercare”, ma non “dimostra” mai la Sua presenza, ma la lascia avvertire e percepire attraverso il “vento leggero” che soffia nei nostri cuori e nelle vie del mondo, attraverso la vita di Gesù e di tanti altri testimoni.
Con questa lettera ho solo aperto un discorso con te. Spero che potremo approfondirlo…
Intanto ti abbraccio forte forte.

Ma certi sindacalisti tutelano davvero i lavoratori?

silvanascricci

Anno domini 2010, tempo di vacche magre, anni di tagli di bilancio e di personale.

Succede anche a me.

In un reparto dell’azienda in cui lavoro c’è un calo delle presenze del personale che non viene rimpiazzato; ci diamo da fare tutti come matti per trovare una soluzione che garantisca il servizio con una minore presenza di personale.

Riorganizzazione che prevede una modifica dell’orario di lavoro, attenzione non un aumento delle ore di lavoro settimanale, magari pure a parità di stipendio, bensì una rimodulazione delle stesse ore nell’arco della settimana sempre, rigorosamente, dal lunedì al venerdì; sabato e domenica tutti a casa a riposare.

La modifica prevede che anzichè fare il monte orario diviso per i cinque giorni lavorativi in orario continuato lo si spezzi con due pomeriggi ed un orario continuativo più corto nelle restanti tre mattinate, varia pure l’orario di inizio lavoro che passa dalle ore 7.00 alle ore 7.45.

Visti i tempi di vacche magre, anzi magrissime, mi pare un compromesso accettabile: stesse ore di lavoro, stesso stipendio, posto di lavoro garantito, stessa sede di lavoro, stesse mansioni, stessi diritti di sicurezza sui luoghi di lavoro, stesse garanzie sulla fruizione di ferie, di permessi personali, di assenze per sostegno all’handicap, nessuna richiesta di straordinario, nessuna richiesta di prestazioni aggiuntive.

Di sei unità di personale, quattro non fanno una piega; due si ribellano e passano dal sindacato.

La scelta è corretta e, a mio avviso, pure legittima.

Giuro che pensavo, a quel punto, che il sindacalista interpellato (un sindacato piccolo, piccolo non la ex triplice) si sarebbe fatto una bella, sana e liberatoria risata, facendo presente che i diritti fondamentali, di base, necessari e assolutamente da tutelare erano stati tutti rispettati e che una variazione di orario di lavoro siffatta non avrebbe pregiudicato alcunchè.

Ed invece no, il sindacalista ha cominciato a questionare di qualità della vita andata a rotoli, di diritti calpestati, di procedure non corrette, di vessazioni, di comportamento antisindacale, minacciando di adire alle vie legali.

Io che, come chi mi conosce ben sa, ho fatto lotte su lotte, mi sono incazzata e continuo a farlo sugli atteggiamenti padronali ed indegni, su un governo che di diritti non vuole neppure sentire parlare, di un esecutivo che intende togliere tutte le tutele, compresa la sicurezza sui posti di lavoro con la motivazione che non ce le possiamo più permettere mi sono incazzata come una vipera con il sindacato.

Perchè non è proponibile inalberarsi su una questione che non prevede nulla di illegale, nulla di illecito e neppure, francamente, nulla di vessatorio nei confronti dei dipendenti; si tratta solo di rendersi disponibili ad entrare in servizio ad un orario che, almeno per me, è pure più umano, e si tratta di uscire per tre giorni alla settimana prima di quanto si facesse prima e di uscire per due giorni alla settimana alle 17.00 (ed anche qui non mi pare che la vita venga rovinata).

A questo punto mi sorge, spontanea, una domanda: ma siamo sicuri che il sindacato, o meglio certi sindacati e sindacalisti, facciano davvero il bene degli operai e dipendenti? siamo davvero sicuri che tutelino gli interessi dei lavoratori o, piuttosto, non giochino a tutelare i propri e che, per accappararsi qualche tessera in più, non cavalchino pretese francamente irricevibili?

Perchè a fronte di persone che perdono il posto di lavoro, a persone costrette a lavorare in nero o in perenne precariato, a persone che vengono licenziate per aver partecipato ad un sacrosanto sciopero, a persone che vengono private dei più elementari diritti con il ricatto del licenziamento la tolleranza verso privilegi, la tutela di rendite di posizione prendono il sapore amaro della beffa e rendono il sindacato ed i sindacalisti persone inaffidabili e, pure, parecchio antipatiche.

Già, di questi tempi, il sindacato non gode di buona stampa, di buona opinione e di grande considerazione, vediamo di non dare ulteriori motivi per arricchire questo pensiero con iniziative idiote.

Perchè poi, porcaccia la miseria, finisce che la gente dà ragione a Brunetta e Sacconi e, tutti noi, finiamo per prenderla in quel posto.

P.S: ovviamente il sindacato in questione, davanti ai tagli di organico non ha fatto un plissè, non ha promosso un istante di contestazione, non ha indetto nè scioperi nè manifestazioni.

Mi sorge un dubbio, non è che sto diventando un padrone?

1 settembre 2010

La religione ti promuove

silvanascricci

In un liceo paritario romano tale Seraphicum, i ragazzi sono stati ammessi all’esame di stato con il contributo di un bel 10 in religione.

Peccato che ciò costituisca, oltre che una palese ingiustizia verso i ragazzi che non intendono avvalersi dell’insegnamento della religone cattolica (e per i quali in moltissimi casi non ci sono materie alternative), un reato.

Reato perchè viola l’art. 309 del T.U. sulla scuola che stabisce che chi si avvale dell’insegnamento di religione abbia giudizi e non voti e che, ovviamente, i giudizi non fanno media; ben piccolo reato, direte voi, a fronte dei moltissimi che impunitamente vengono perpetrati nel nostro paese; ma a me da un terribile fastidio.

Fastidio dovuto al fatto che questi insegnanti di religione hanno uno status giuridico alquanto particolare; vengono nominati e rimossi dalle autorità ecclesiastiche ma vengono pagati dallo stato italiano anche attraverso le nostre tasse.

Inoltre a fronte di feroci tagli di organico e di fondi che sta subendo la scuola pubblica, gli insegnanti di religione sono aumentati e non di poco; d’aldronde la ministra Gelimini lo aveva detto: l’ora di religione non si tocca!; inoltre, la ministra rassicura che il budget di 534 milioni di euro per le paritarie verrà erogato; ergo: tagli brutali alla scuola pubblica, fondi garantiti alle scuole paritarie (per la stragrande maggioranza gestite dal clero).

C’era una volta, nel nostro paese, la laicità.

La logica della vagina

silvanascricci

Non sono propriamente d’accordo su tutto quanto scritto in questo post di Prestazione occasionale, ad esempio quando sostiene che la gravidanza sia una scusa per non assumere, ma certo concordo su molto di quanto ha detto e, soprattutto, lo trovo scritto in maniera molto gradevole ed ironica.

Se vi va potete vedere altre cose di questa ragazza a lavoro precario spulciando il suo blog, ma intanto godetevi questo pezzo:

“Non ho mai difeso la teoria che il mondo del lavoro sia sessista e discriminatorio verso le donne. Questo, certo, finché non ho cominciato a lavorare.

Sia chiaro: ho sempre trovato fastidiose le petulanti lamentele di certe femministe, che pretendono che le donne sul lavoro siano aggressive come gli uomini ma più tutelate e garantite, come una speciale categoria in via d’estinzione. E come una specie protetta mi sento ogni volta che si parla di quote rosa, sconti al cinema, bandi speciali per le categorie svantaggiate, l’imprenditoria femminile eccetera. Le donne secondo me hanno diritto ad essere tutelate in quanto lavoratori, non in quanto femmine deboli. Ma questa è un’altra storia.

Ben diverso è quando si dà per scontato che la donna che in qualunque modo ha a che fare con la comunicazione debba per definizione essere carina e ammiccante. Questa, che uno dei miei titolari ha scherzosamente definito ieri la Logica della Vagina, si articola grossomodo così:

- Checché ne possa dire qualunque uomo, la scollatura AIUTA. La minigonna anche. Non è necessario combinare le due cose insieme (anche le migliori rischierebbero il cosiddetto “effetto statale”), ma è necessario che almeno uno dei due elementi sia presente, possibilmente comunque abbinato ad un tacco di almeno sette centimetri. Una tetta di proporzioni gigantesche che minaccia ad ogni movimento di saltare fuori dal vestito, con tutto ciò che ne consegue in termini di richiamo edipico al seno materno, può tenere incollato al teleschermo anche l’uomo meno appassionato di calcio della terra*. Viceversa una maglia stile rete da tennis, che molto poco lascia all’immaginazione, può sortire l’effetto contrario, traumatizzando gli animi più sensibili con i suoi intenti troppo scopertamente espliciti**.

- Diretto corollario di questa prima legge è che qualunque comunicazione parta da una donna ad un uomo eterosessuale, anche in età adulta, per risultare credibile deve contenere un riferimento alla sfera sessuale. Questo è confermato ancora una volta dalla televisione (neanche in programmi come Forum ormai manca la sgallettata di turno), ed è tanto più vero per quello che riguarda le riviste (in cui al “vedo-non vedo” deve sostituirsi un chiarissimo “vedo“). Una rivista può risultare agli occhi di un uomo “formale” e “ingessata” se sceglie di mettere in copertina una ballerina, seppure bellissima, ma indubbiamente vestita, o se correda un servizio con foto di un’attrice, seppur nuda, ma celata da un vetro appannato***.

Le ripercussioni della Logica della Vagina sulla quotidiana vita lavorativa sono facilmente immaginabili. Un capo uomo può bocciare una aspirante dipendente ad un colloquio perché le sue scarpe lasciano intuire brutti piedi****, o viceversa assumerla o promuoverla se è carina, simpatica, ammiccante, quindi potenzialmente scopabile. Può diventare criterio preferenziale un determinato modo di truccarsi***** o di vestirsi, ed è addirittura possibile che l’uomo arrivi a colmare inconsciamente determinate mancanze fisiche di una dipendente carina, immaginando, ad esempio, tette grosse laddove c’è una terza scarsa******. Le altre dipendenti che dovessero trovare questi criteri quantomeno fantasiosi verrebbero inesorabilmente bollate come invidiose, acide, magari invitate a sfoggiare a loro volta le loro parti migliori, in una specie di gara alla miss ufficio più carina. Ed è così che la Logica della Vagina arriva a generare non solo il sovraffollamento di mademoselles scosciate in tv, ma anche il mito della segretaria sexy, l’unica figura professionale che può permettersi di far cadere a terra qualunque cosa, purché si chini a raccoglierla con una gonna abbastanza corta.

* ogni riferimento a fatti realmente accaduti è puramente voluto.
** ogni riferimento a fatti realmente accaduti è sempre puramente voluto.
*** … sì, anche questa è vita vissuta.
**** indovinate un po’?
***** già. ma questa ve la racconto meglio un’altra volta.
****** fenomeno assai comune. Il maschio non si arrende nemmeno all’evidenza del dato scientifico della taglia di reggiseno”.