23 agosto 2010

Le quote rosa che fanno male agli uomini

silvanascricci

Leggevo stamattina su di un quotidiano due notizie che, pur riguardando due nazioni differenti, sono strettamente correlate.

La prima notizia riguardava gli Stati Uniti dove le donne occupano il 30% dei posti chiave e di comando al Dipartimento di Stato ed al Pentagono, il 13% nelle agenzie di intelligence ed il 15% nelle sedi diplomatiche internazionali.

Il merito non è certo dell’amministrazione Obama e non è l’effetto trascinamento del fenomeno Hillary Clinton; è, bensì, un processo che viene da lontano, da George Bush padre in poi, ed affonda le sue radici nella tenacia, nella preparazione e nella competenza di queste donne.

La seconda notizia arriva dalla Svizzera dove, col prossimo rimpasto di governo, i ministri donna passano a 5 contro la rappresentanza di 2 uomini con l’aggiunta della presidente della repubblica (attualmente il rapporto è 3 donne e 4 uomini), donne che rivestono incarichi in ministeri chiave come quelli degli esteri, della giustizia, delle finanze e dei trasporti; ed è un risultato eclatante per uno stato che ha concesso il suffragio femminile solo 39 anni fa.

Eppure la ministra degli esteri Calmy-Rey, socialista, ha rilasciato un intervista nella quale afferma che “bisogna interrogarsi sul fatto che gli uomini potrebbero non sentirsi più rappresentati se cinque donne, quindi la maggioranza, occupassero una poltrona governativa. L’identificazione con le istituzioni è anche una questione di genere”.

Vorrei partire proprio dall’ultimo passo della dichiarazione della ministra; se è vero, cosa con cui potrei essere, in linea di massima, d’accordo, che l’identificazione nelle istituzioni è anche una questione di rappresentatività di genere, non vedo dove sia il problema, poiché nelle società di tutto il mondo è il genere femminile ad essere, numericamente, più forte del genere maschile ed ecco che le cose tornerebbero “naturalmente” al loro posto ed in equilibrio.

Poi, francamente, non vedo perché dovrebbe essere questa una priorità ed una preoccupazione femminile; ritengo che possano, benissimo, continuare a pensarci da soli (cosa in cui eccellono da millenni) dal momento che mai, e poi mai, gli uomini si sono preoccupati del fatto che il genere femminile non fosse minimamente rappresentato nella politica e nelle professioni, anzi, hanno sempre pervicacemente tentato di evitare potere e cultura alle donne.

E’, inoltre, situazione a cui dovranno, col tempo, abituarsi, si dovranno allenare ad essere circondati da donne da cui dipendere (e non certo solo per la cura della prole e del domestico focolare) se è vero, come è vero, che nel mondo occidentale ed in quello asiatico le università, in tutte le facoltà, e sempre di più in quelle economico – scientifiche, sono frequentate in larga maggioranza da donne (57,7% donne, 42,3% maschi), che concludono gli studi e si laureano in percentuali estremamente più ampie rispetto ai maschi (68,2% delle donne, 31,8% maschi) in meno tempo e con voti più brillanti (media inferiore a 24 il 28.9% donne, 48.2% maschi e una media superiore al 27 il 28,5% donne e 14,00% maschi) con possibilità di entrare per prime nel mondo del lavoro.

Avranno intorno sempre di più brillanti medici, ingegneri, matematici, fisici, avvocati, agronomi, sociologi, farmacisti, economisti, biotecnologi, letterati, e politici; donne.

E questo procurerà, soprattutto nel nostro paese, l’accentuazione della schizofrenia tra il mondo delle donne raccontato sui media ed il mondo delle donne raccontato dalla realtà.

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